Zefiro torna, e ‘1 bel tempo rimena |
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Torna
la Primavera, e tutta la natura è pervasa da una gioia d'amore, ma per il
poeta si rinnova solo il dolore per la scomparsa della sua donna. Il
sonetto appartiene alle poesie trascritte nel manoscritto definitivo del Canzoniere
nel 1366-1367.
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Zefiro torna e ‘1 bel tempo rimena
e i fiori e 1'erbe, sua dolce famiglia,
e garrir Progne e pianger Filomena,
e primavera candida e vermiglia; 5
ridono i prati e ‘1 ciel si rasserena,
Giove s'allegra di mirar sua figlia, l'aria e
l'acqua e la terra è d'amor
piena, ogni animal d'amar si riconsiglia. Ma per me, lasso, tornano i più
gravi 10 sospiri, che del cor profondo tragge quella ch’al ciel se ne portò
le chiavi, e cantar augelletti e fiorir
piagge e ‘n belle donne oneste atti
soavi sono un deserto e fere aspre e
selvagge.
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1. Zefiro:
venticello primaverile di ponente così chiamato dai poeti greci e latini.
rimena: riporta. 3. e garrir... Filomena:
e (riporta) il garrire della rondine e il pianto dell'usignolo. Secondo
un unito antico Progne e Filomena
erano due fanciulle che erano
state trasformate in rondine e in usignolo dagli dei. 6. Giove... figlia:
il pianeta Giove pare gioire nel contemplare Venere (figlia di Giove
secondo la mitologia, e dea dell'amore). È un riferimento astronomico
tradotto in chiave mitologica, che allude a un influsso amoroso di Venere
sulla natura. 8. d'amar si riconsiglia:
è ricondotto ad amare. 9. lasso:
infelice. 11. quella... chiavi:
quella che, salendo al cielo, ha portato con sé le chiavi del mio cuore. 12.
piagge: pendii, campagne. 13.
oneste: di nobile portamento.
atti soavi: atteggiamenti
leggiadri. 14. sono:
va collegato a per me (v. 9). fere:
belve. |
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Da
un lato lo spettacolo luminoso della natura primaverile, dall'altro il
poeta, escluso da quella festa d'amore, solo con la sua sofferenza. Tutto
il sonetto è costruito su questa opposizione, che lo
scandisce nettamente fra le quartine e le terzine; il contrasto è
sottolineato dal Ma che apre la
seconda parte e dalla ripresa fra «torna» (v.1) e «per me tornano» (v.
9). Come sempre in Petrarca, lo scenario naturale non è veramente descritto:
non offre la visione di particolari significativi, ma un seguito di
elementi generici e tradizionali, che non sono messi in relazione in una
struttura d'insieme, ma isolati e allineati in paratassi.
L'effetto festoso è dovuto al ritmo con cui questi si susseguono nelle
quartine, segnato da una serie incalzante di e;
lo stesso procedimento ricompare
nei vv. 12-13, a preparare per contrasto l'intonazione aspramente dolorosa
del finale
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