LA COMMEDIA COME LA BIBBIA

L'episodio riportato nella pagina precedente presenta i termini cardine della visione che Dante ha della vita (per questo gli è molto caro): essa è un viaggio che procede tra mille ostacoli e difficoltà; il bene di questa avventura, il suo significato, può essere scoperto solo a ritroso, o meglio: imparando progressivamente a leggere ogni episodio dalla parte della sua felice conclusione, promessa come certa.

È lo schema mediante cui Dante legge la Bibbia, e non solo: è lo schema mediante il quale costruisce la Commedia.

Già nei primi versi del poema, infatti, prima ancora di entrare nell'Inferno, il lettore sa che alla fine troverà il bene che l'autore dichiara esplicitamente di aver già trovato: Ma per trattar del ben ch'i' vi trovai / Dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte (Inferno I, 8-9).

La Commedia è scritta, infatti, come un viaggio in avanti, riletto a partire dalla sua felice conclusione. Per questo appunto, dichiara Dante, si chiama commedia e non tragedia.

L'innovazione del cristianesimo

Questo metodo di lettura fu integralmente assunto anche da coloro che seguivano Gesù, avendolo riconosciuto come il Messia, e in particolare dai dodici apostoli. Costoro, durante i tre anni raccontati dai Vangeli, mostrano di aver compreso solo gradualmente, e con una certa difficoltà, che cosa significasse realmente la vicenda in cui erano implicati. Tutto ciò per sottolineare come quel metodo sia passato intatto nel cristianesimo, la cui diffusione portò una assoluta rivoluzione rispetto al modo di leggere dei non-ebrei (e poi non-cristiani), che non potevano (e non possono) far altro che leggere in avanti, ossia:

  • cercando di identificare, nel passato, le cause del presente;

  • tentando modi ragionevoli per prevedere il futuro, identificando alcune regolarità nel tempo passato o presente.

Se si è detto che se gli ebrei leggono la Bibbia in avanti è solo per indicare che essi, a differenza dei Cristiani, non possono ancora leggerla a partire dalla sua conclusione avvenuta. Ciò non toglie, però, che, come i loro padri, continuino a leggerla sapendo che avrà una conclusione precisa, anche se non ne conoscono le modalità.

Presente e futuro nella Bibbia

Cristianesimo ed Ebraismo presentano la medesima posizione anche a proposito di un aspetto della lettura che, nel linguaggio biblico, viene indicato nella figura dei falsi profeti e che, con termine più scientifico, può essere designato come limite di previsione da parte del lettore. Cosa significa, infatti, leggere un avvenimento dalla parte del futuro se non si è dei maghi o degli indovini, le cui pratiche tanto l'Ebraismo quanto il Cristianesimo condannano come pura ciarlataneria? Che cosa distingue i falsi profeti da quelli veri? Cioè quali sono i limiti entro i quali i lettori possono fare previsioni circa lo svolgimento del testo che stanno leggendo?

Definire questi limiti e la loro struttura è, dunque, un dato metodologico di estrema importanza. Per introdurne la trattazione ricorreremo ad un esempio.

Uno spettatore che segua una qualunque serie televisiva sa perfettamente che il protagonista non morirà, per quanto intricato sia lo svolgimento della puntata. Lo spettatore non sa come i cattivi saranno presi e consegnati alla giustizia, ma sa che questo si verificherà puntualmente, altrimenti l'eroe non sarebbe quello che è. Lo stesso meccanismo, in maniera appena più smaliziata, è quello che genera i cicli cinematografici di maggior successo, nei quali l'eroe mitico non può morire perché altrimenti non si potrebbe realizzare il film successivo. Analoga situazione si ritrova nei fumetti periodici che hanno un eroe protagonista.

Riteniamo che l'esempio permetta di capire che la certezza del futuro (l'eroe non morirà, i cattivi faranno una brutta fine) non appartiene al piano della vicenda rappresentata, ma a quello del rapporto fra spettatore e genere testuale (film, fumetto periodico, ecc.). Il fatto di sapere che un certo evento (in questo caso la non-morte dell'eroe) accadrà, appartiene al piano dello spettatore, mentre il fatto di sapere come questo evento si verificherà, appartiene al piano della vicenda.

I due futuri appartengono, dunque, a universi fra loro non comunicanti e generano due diverse prospettive.

  • Una interna: il tempo della vicenda come se fosse "vera", che procede verso il futuro (i personaggi della vicenda, nella finzione, non sanno né il "che", né il "come".

  • Una esterna: il tempo della rappresentazione come genere, ossia un presente, che solo lo spettatore - o lettore - conosce.

I lettori della Commedia riconosceranno in questo meccanismo il motore stesso del poema: il mondo, infatti, vi appare visto da fuori, ossia in quanto opera d'arte realizzata dal più grande degli artisti (Dio) offerta alla considerazione di occhi - quelli del lettore - ugualmente esterni alla vicenda, quasi essi fossero chiamati a condividere lo sguardo dell'autore.

In questa ottica il mondo perde la sua apparenza, ossia ciò che esso sembra ai protagonisti, quando essi si dimentichino di esserne attori, o creature, come direbbe Dante.

Questa complessa struttura determina la classificazione delle anime. Per Dante dannati sono coloro i quali vivono come personaggi, pretendendo di sapere come andrà a finire la loro vita, e presupponendo che Dio è nemico o dimenticandosi del tutto della sua esistenza. Felici sono quelli che non sanno come arriveranno nella terra loro promessa, ma sanno che vi giungeranno, perché Dio è buono. Sono le anime del Purgatorio. L'uomo nella sua interezza - il Paradiso - è chi, a qualsiasi punto del viaggio si trovi, può rallegrarsi, guardandolo a ritroso, del percorso che lo ha portato fin lì e rallegrarsi ulteriormente, guardando ciò che lo aspetta, per la certezza che tutto ciò che accadrà potrà essere soltanto ancor più bello di quello che è già accaduto. Il Paradiso, infatti, non è un punto d'arrivo, ma l'inizio di una storia definitivamente buona.

Quest'ultima condizione corrisponde alla nozione biblica di salvezza accettata da Dante: si è salvi, ossia si è uomini nella pienezza della propria umanità, quando si impara a guardare le vicende del mondo e la propria nell'ottica indicata, facendone esperienza sempre più approfondita. Dante lo sostiene perché -dichiara- questo è capitato anche a lui, non nel viaggio raccontato dal testo, ma nella esperienza viva e concreta di cui il viaggio è la metafora.

 Figura

La struttura che abbiamo appena indicato rappresenta lo schema base di un ulteriore aspetto del metodo di lettura della Bibbia utilizzato da Dante. Esso trova la sua formulazione in Paolo e ha la sua più estesa applicazione nei Padri della Chiesa - e in particolare in Agostino. È stato, inoltre, affrontato in maniera molto lucida in un saggio di Erich Auerbach intitolato Figura. (Studi su Dante, Milano 1963-88). Con il termine figura si indica lo sviluppo del metodo di lettura ebraico reso possibile dall'avvento del Messia.

Se è, infatti, vero che la profezia antica consisteva nella capacità di rileggere il passato alla luce di avvenimenti nuovi, che producevano un incremento di consapevolezza tale da rendere inevitabile la previsione di un certo sviluppo della vicenda, la realizzazione di quella previsione permetteva una ulteriore e sempre più adeguata comprensione del significato dell'intera storia. Figura è un evento che deve il suo significato ad un avvenimento successivo, che lo compie. L'avvenimento costituito dalla presenza di Cristo fra gli uomini implicava, in altri termini, che tutto quello che era accaduto prima avesse come significato non un concetto, non una raccomandazione morale, ma Cristo stesso: non soltanto i suoi insegnamenti, non soltanto i suoi gesti, ma la struttura stessa della sua vita.

Poiché il concetto di figura assume un'importanza capitale nel nostro discorso, in quanto costituisce il cuore stesso del movimento con cui Dante legge la propria storia personale e quella del mondo intero, forniamo ora due esempi di lettura figurale.

1. Si è detto che Davide riconosce nelle vicende collegate alla sua persona e al suo regno un primo significato del passaggio del Mar Rosso da parte del popolo guidato da Mosè. Questa stessa convinzione lo mette in grado di prevedere che verrà, dopo di lui, un Re il cui regno non sarà semplicemente più bello del suo, ma ne sarà il pieno compimento. Non sa come questo accadrà, ma è certo che accadrà. Ora è noto che, in occasione della celebrazione della festa del passaggio (la Pasqua, si è detto), il re che doveva venire, ossia Cristo, trovandosi nella città di Davide (Gerusalemme) dichiarò ai suoi amici (i Dodici, o Apostoli) che il significato di quella lontana avventura, già intravisto da Davide, era la sua stessa persona.

Come gli Ebrei avevano, nell'occasione, sacrificato un agnello per tingerne con il sangue gli stipiti delle porte, in modo da avvisare l'angelo sterminatore che passasse oltre, così, adesso, quell'agnello sarebbe stato lui stesso: il suo sangue sarebbe stato il modo mediante cui la morte non avrebbe più avuto potere sugli uomini.

Come gli antichi Ebrei si sostentarono, durante la traversata, con pane non lievitato e raccogliendo giorno dopo giorno la manna di cui si copriva il terreno, così, adesso, il suo corpo, in forma di pane, sarebbe stato la manna, cioè il cibo che avrebbe sostentato gli uomini nel viaggio verso la Terra Promessa, la vita eterna.

Come gli Egiziani furono travolti dalle acque, così il Male sarebbe stato sconfitto per sempre. Agnello e mamma sono figure di Cristo che sconfigge il male.

2. La Bibbia racconta che, durante il famoso viaggio verso la Terra Promessa, Mosè ricevette dal Signore le Tavole della Legge. Queste tavole furono collocate in una cassa - minuziosamente descritta nel testo biblico - chiamata Arca dell'Alleanza, in quanto la Legge era il testo del Patto che il Signore aveva stabilito col suo popolo. Tale Arca veniva trasportata a spalla e, durante le soste, situata in una tenda (tabernaculum, in latino) al centro di un recinto, anch'esso minuziosamente descritto, di pali e di teli.

Re David e suo figlio Salomon, al momento del loro massimo fulgore, costruirono per quest'arca - rimasta per lungo tempo abbandonata in un campo - una sede meno provvisoria: il Tempio di Gerusalemme, la cui struttura architettonica ripeteva esattamente quella del recinto che conteneva la tenda in cui essa era collocata.

Quando il Messia si presentò come la nuova e definitiva parola del patto che il Signore intendeva stabilire non soltanto col suo popolo, ma con tutti gli uomini, fu inevitabile pensare che l'Arca che lo conteneva fosse sua madre, Maria, che da quel momento fu detta, appunto, Arca dell'Alleanza e Figlia di Sion (ossia Gerusalemme, in quanto Sion è il nome di una altura del colle su cui sorge la città nella quale fu eretto il Tempio).

Cristo è la Nuova Legge, la Nuova e definitiva Alleanza, sua madre l'Arca che lo ha custodito. Il punto intermedio è il Tempio di Gerusalemme.

Questa serie di corrispondenze secondo le quali il significato di un avvenimento nel passato si compie in un altro gesto, successivo al primo, che ha come protagonista Cristo, si chiama, appunto, figura.

Facendo proprio questo modello interpretativo, il cristianesimo legge tutta la storia umana che si è svolta prima dell'avvento di Cristo come figura di quello che è poi accaduto, e gli anni dopo Cristo come figura della sua presenza oggi e prefigurazione del suo ritorno definitivo. Allo stesso modo, Dante legge la propria vita come una serie di figure il cui significato si è progressivamente compiuto fino al riconoscimento del fatto che Beatrice, dapprima considerata semplicemente una ragazza più attraente di altre, rivelatasi -dopo la morte­ immagine della Filosofia (ossia del bisogno di conoscere e amare la verità), si è mostrata in tutto il suo significato solo quando è stata riconosciuta, da Dante, figura di Cristo.

I tre passaggi costituiscono, per esplicita dichiarazione di Dante, il contenuto, rispettivamente, della Vita Nuova, del Convivio e della Commedia.

Dante profeta

Come il testo biblico, l'intera opera di Dante si propone, dunque, di essere letta a partire dalla sua conclusione. Per la stessa ragione, ogni suo evento presenta, a ritroso, aspetti profetici. Le profezie, che Dante-personaggio ascolta dai personaggi che incontra nel viaggio immaginario, sono solo episodi esemplari di questa struttura profonda.

Indicazioni in questo senso si trovano insistentemente ripetute soprattutto nel Paradiso, in quanto la cantica svolge - agli stessi occhi del suo autore - quella funzione di definitiva rivelazione del senso di tutta la vicenda poetica e umana precedente che, nella versione cristiana della Bibbia, è svolta dall'ultimo libro (l'Apocalisse, che significa "svelamento di tutti i segreti"), cui Dante si richiama più spesso di quanto non appaia. Questa idea era, tuttavia, presente da anni alla coscienza del poeta, come mostra in maniera inequivocabile il primo capitolo del Convivio, il cui lessico è costruito in modo da ricordare al lettore proprio quell'Ultima Cena in cui si realizzò la figura della Pasqua.