I CLASSICI DI DANTE

Dante segue quasi punto per punto la posizione che, originariamente di Agostino, fu poi fatta propria anche da Tommaso d'Aquino, anche se questi utilizzò soprattutto la filosofia aristotelica, mentre Agostino attinse in prevalenza a Platone.

L'elenco più esauriente degli autori pagani assunti dalla cultura del Cristianesimo si trova nel canto IV dell'Inferno, in cui Dante attraversa il Limbo nel quale è collocato lo stesso Virgilio, ma tutta la sua opera mostra una estrema attenzione ai risultati raggiunti, in campo filosofico e poetico, dagli antichi.

In particolare l'Eneide di Virgilio rappresenta per Dante il vertice e il punto sintetico dell'intero percorso della cultura pagana: il viaggio che Enea compie dalle rovine della sua città -Troia - fino ai lidi del Lazio, è per lui l'episodio che riassume, in un solo gesto, il cammino della Storia verso il suo compimento (Roma, sede dell'impero di Roma, è poi la sede del successore di Pietro) e quello che ogni uomo deve coraggiosamente affrontare per raggiungere la propria umanità.

L'altro grande poeta cui Dante si ispira, soprattutto per la prodigiosa perizia tecnica e l'inesauribile capacità di produrre immagini, è Ovidio: le sue Metamorfosi sono all'origine di moltissime similitudini della Commedia, nel corso della quale il poeta fiorentino afferma più volte di aver ingaggiato una vera e propria gara di abilità con il suo modello.

Un terzo imprescindibile punto di riferimento, in particolare per quello che riguarda la teoria poetica e la considerazione della lingua, è il poeta latino Orazio, richiamato soprattutto nel Convivio e nel De Vulgari Eloquentia.

La classicità rappresenta per Dante anche un inesauribile serbatoio di miti e leggende diffusi popolarmente e giunti a lui attraverso rielaborazioni medievali che, quand'anche mantengono il nucleo tematico delle vicende originali, non conservano la potenza poetica degli antichi testi. Dante lo immagina, anche se il confronto puntuale gli è reso impossibile dalla scarsa diffusione del greco al suo tempo.

Alla mancanza dei testi egli supplisce con la sua fantasia. Eroi mitici quali Giasone, seduttore di fanciulle e ardimentoso navigatore di mari ignoti, o personaggi storici come Catone, che preferì morire piuttosto che accettare la tirannia di Cesare, sono per lui nuclei immaginari sempre presenti e fortemente produttivi. Altri poeti, come Stazio e Lucano, costituiscono soprattutto una vasta riserva di storie cui attingere per il suo grande affresco, poiché sui loro limiti poetici Dante aveva idee molto precise e ben radicate.

Vale forse la pena di spendere un'ultima parola sull'Umanesimo, posteriore di due secoli a Dante. Come si può facilmente dedurre, se non altro da quanto detto sopra, non furono gli Umanisti a occuparsi per primi dei classici.

Quello che l'Umanesimo fece fu di cambiare il verso della lettura dei testi antichi, riportandolo alla direzione originaria. In altre parole, l'Umanesimo ricominciò a studiare il pensiero antico nell'ipotesi che il Cristianesimo non ne dovesse essere la conclusione necessaria e coerente. In buona sostanza l'operazione compiuta dagli Umanisti consisté nel tentativo di ridare ai classici una chance che la storia avrebbe loro negato: quella di sviluppare quelle conclusioni cui l'operazione di egemonia culturale condotta - usiamo un nome per tutti - da Agostino avrebbe loro impedito di giungere.

Da qui la caccia che gli Umanisti dettero - a partire da Petrarca - soprattutto agli originali greci, e la diffusione dello studio di quella lingua. Il che non fece dimenticare certo le opere latine. Si sperava, in questo modo, di dimostrare che l'uso precedente dei testi era sbagliato, in quanto i testi originali risultavano diversi dalle traduzioni su cui si era lavorato e, quindi, che l'intero sistema che da questa lettura dipendeva era fasullo. Gli originali avrebbero, infatti, mostrato che i veri antichi volevano dire qualcosa di diverso da quello che era stato fatto loro dire. La storia ha poi rivelato che le cose non stavano esattamente così, ma l'ipotesi risultava affascinante e funzionò.

È questa la ragione per cui l'umanità intera è debitrice all'Umanesimo non solo del ritrovamento di alcune opere antiche, abbandonate nei conventi nei quali erano state copiate e quindi salvate, ma anche - e soprattutto - di uno strumento di indagine testuale estremamente potente come la filologia, che è l'insieme delle tecniche che permettono di ricostruire l'integrità di un testo. L'Umanesimo ha sostituito un metodo di lettura a un altro e ha focalizzato l'interesse della lettura sull'aspetto filologico del testo (ossia sulla sua verità in quanto testo) rispetto al suo rapporto con la verità che si trova fuori del testo.

Non è stato questo un rovesciamento di poco conto e ad esso dobbiamo, fra l'altro, il fatto che si sia studiato molto il rapporto fra Dante e i classici e molto poco il suo rapporto con i Padri della Chiesa e con la letteratura scientifica. La storia della lettura di Dante lungo i secoli ne è stata fortemente segnata e, solo in questi ultimi anni, le ricerche sembrano nuovamente indirizzate a rilevare il contenuto degli altri due scaffali della sua biblioteca.