LA RAGIONE |
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Come si sa, Dante nel suo poema
non parla tanto del mondo dell'aldilà, ma di quello dell'aldiqua. I
tre regni (Inferno, Purgatorio, Paradiso) sono, dunque, una sorta di
affresco non di quello che ci aspetta dopo la morte - di cui Dante, come
del resto tutti noi, sa niente o pochissimo - ma di quello che capita a
chi vive tutti i giorni alle prese con le faccende - eroiche o banali -
che gli tocca affrontare, con il modo di pensare della gente intorno, con
i modi di parlare ai quali ciascuno di noi fa, inevitabilmente,
riferimento. Su
questo Dante si è fatto uno schema rigorosamente logico, a partire dal
quale legge la struttura degli avvenimenti più consueti come di quelli più
strani e attraverso il quale fornisce una spiegazione di come funziona il
rapporto fra l'uomo e la realtà. L'esposizione
più sintetica di questo schema si trova nel IV trattato del Convivio,
ai capitoli II e seguenti. Ne forniamo di seguito la traduzione passando
dal discorso diretto dell'originale a quello indiretto della nostra
esposizione. Tutto
quello che esiste in natura, dice Dante - e la natura comprende l'universo
intero, inclusi i pensieri degli uomini, le loro operazioni e i loro
risultati -, è compreso nei termini (se così si può dire)
dell'infinito, al di fuori del quale non si può pensare niente, perché
altrimenti non sarebbe tale. Il nome di questo infinito è Dio. In
questo contesto l'uomo ha un margine di azione molto ampio e molto
precisamente caratterizzato. Dante chiama, infatti, "umano",
tutto e soltanto ciò che dipende dalla ragione e dalla volontà
dell'uomo. La capacità di digerire, per esempio, non è per lui "umana",
ma semplicemente naturale, in quanto l'uomo l'ha in comune con molti altri
animali, e non dipende né dalla ragione né dalla volontà. La ragione, inoltre, agisce in quattro
modi diversi, relativi a diversi ambiti.
Ad
esempio, per quanto "noi volessimo che le cose gravi salissero per
natura suso, e perché noi volessimo che 'l silogismo con falsi principii
conchiudesse veritade dimostrando, e perché noi volessimo che la casa
sedesse così forte pendente come diritta, non
sarebbe" (ovvero: anche se vogliamo pensare che le cose pesanti, per
loro natura, volino verso l'alto, o che un ragionamento rigoroso che parta
da premesse false si concluda con la dimostrazione della verità, o che
una casa costruita storta abbia il medesimo equilibrio statico di una
costruita dritta, sappiamo benissimo che così non è, perché nessuna di
queste cose dipende da quel che pensiamo o vogliamo noi). Dunque,
queste cose noi possiamo soltanto capirle, ma non riusciremmo a farle, in
quanto ce le siamo trovate così come sono (di queste operazioni non fattori
propriamente, ma
li trovatori semo) e
se non fossero così noi non potremmo né ragionare, né agire.
Dunque,
per Dante, la ragione è ciò che permette di orientarsi e
di agire correttamente entro un sistema di riferimento che non solo non
dipende da lei, ma senza il quale essa non potrebbe nemmeno agire. In
questo schema è estremamente significativo - e anche molto attuale - il
fatto che egli ponga sullo stesso piano, tra le cose che la ragione può soltanto
considerare, ma non fare:
Per
quanto possa apparire strano che Dante ponga sullo stesso piano il fatto
che il pesce lasciato marcire puzzi e i principi della logica astratta,
resta vero che nessuno di essi dipende dal pensiero o dalla volontà
dell'uomo. Il secondo gruppo (i puri esistenti), in particolare, è quello
dei dati che permettono l'esercizio razionale della tecnica (non si
potrebbe piantare un chiodo se non esistessero le caratteristiche dei
materiali e la forza muscolare; non si potrebbe far girare un mulino ad
acqua se l'acqua non scendesse naturalmente verso il basso; non si
potrebbe riscaldare un ambiente se la combustione non producesse calore). La ragione, quindi,
funziona in uno spazio intermedio fra quello dei meccanismi puramente
naturali (sonno, digestione, circolazione del sangue) e un'altra regione
nella quale opera ciò che esiste di per sé (il fatto stesso che si
possa ragionare; il fatto stesso che ci sia l'universo con le sue
forze e la sua bellezza; il fatto stesso che i figli nascano sempre dopo i
genitori e che quindi si abbia una particolare percezione dello
svolgersi del tempo). |