LE RAGIONI DELLA SCELTA |
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Che
Dante preferisca la direttrice di Gerusalemme a quella astronomica
"naturale" è significativo del fatto che il suo punto di
riferimento essenziale non è la natura materialmente intesa, ma la
natura in quanto storia della creazione. Secondo
la geografia simbolica del tempo di Dante l'Eden si trovava agli antipodi
di Gerusalemme (nelle carte del tempo era indicato con un quadratino accanto
alla Città Santa, che indicava "dietro").
Nella
Commedia, infatti, il Paradiso Terrestre
è posto sulla sommità del monte del Purgatorio, agli antipodi rispetto
alla voragine infernale e, quindi, rispetto alla stessa Gerusalemme. Il
percorso di Dante-personaggio, ossia il percorso della Parola e il suo
approfondimento nella Commedia, coincidono, dunque, con quello
della Storia della Salvezza. In altri termini: la teoria linguistica di
Dante è ricalcata sul modello della vicenda narrata nel Bibbia, dalla
creazione all'Apocalisse. Nella
tradizione di Dante, la Parola per cui fu fatto l'universo e senza la
quale non è stato fatto niente di quello che è stato fatto è il Verbo
di Dio, ossia Cristo. Il fatto che l'orizzonte astronomico comune a Gerusalemme e all'Eden sia rappresentato proprio dal piano della pagina, ci conduce ad affermare che il punto di vista di Dio sul mondo coincide con l'occhio del lettore o con quello dello scrittore mentre scrive. In questa prospettiva il naufragio di Ulisse avviene al limite inferiore della pagina (Ulisse precipita fuori dal libro), mentre il viaggio di Dante-personaggio si svolge bucandola (Dante-personaggio arriva dall'altra parte del foglio). Facciamo
ora qualche osservazione ulteriore. Tutti sanno che nell'Eden, ossia sul
verso (retro) della pagina fu posto Adamo: il primo uomo. Adamo e Dante si
trovano, dunque, sulla stessa direttrice, ma la loro direzione vettoriale
è opposta: Dante arriva all'Eden dopo aver attraversato l'inferno e il
Purgatorio (cioè procede da nord a sud), mentre Adamo arriva sulla Terra
che conosciamo mediante un percorso a ritroso, cioè dal Paradiso
Terreste. Questa
vettorialità opposta suggerisce, inoltre, l'immagine dello scrittore che
scrive apparentemente da sinistra verso destra (dall'inizio alla fine del
testo), ma di fatto già sapendo come andrà a finire quello che scrive
(pensa il suo testo da destra a sinistra, dal cielo alla Terra). Nella
Commedia questo corrisponde esattamente alla differenza fra Dante-personaggio,
che procede dall'Inferno al Paradiso, e Dante-scrittore, che scrive
essendo già stato in Paradiso e, quindi potendo rileggere, nella propria
memoria, quello che ha visto nella prima parte del viaggio alla luce
dell'esperienza successiva. Non
solo. Indica anche due livelli di lettura molto differenti, anzi, opposti.
Da un lato quello del lettore "in prima lettura" (che non sa
ancora cosa succederà nel testo) e, dall'altro, quello del lettore "in
seconda lettura" (che sa già come stanno complessivamente le cose).
Il percorso della "prima lettura" va, quindi, in direzione
inversa (da Gerusalemme all'Eden) rispetto a quello della storia umana
(dall'Eden, dove l'uomo si trovava agli inizi, all'emisfero di
Gerusalemme, dove si trova ora). Per osservare bene quello che succede
(per ragionare correttamente e, quindi, leggere allo stesso modo) bisogna,
dunque, invertire la prospettiva dello sguardo, recuperando la
posizione originaria. Il
fatto che Adamo, prima della cacciata si trovasse con il Sole a destra e,
poi, con il Sole alla sinistra (l'uomo, infatti, abita agli antipodi,
rispetto all'origine) significa che la cacciata dall'Eden ha come segno
caratteristico l'inversione
del rapporto con la verità e, di conseguenza, il
rovesciamento della struttura della lingua. Per questo Adamo affermerà (Pd
XXVI) che la sua lingua andò immediatamente perduta. La
cacciata dall'Eden ha quindi come caratteristica la perversione della
ragione, costituita dal fatto che prima, in principio, Dio era considerato
amico e poi fu considerato avversario. In questo consiste il peccato
originario, ossia strutturale, dell'uomo. Dall'inizio
dei tempi ai tempi in cui vive Dante, tuttavia, qualcosa è mutato
rispetto al momento successivo alla cacciata dal Paradiso Terrestre:
Cristo, infatti, ha vinto il demonio, cancellando con ciò il peccato di
Adamo. Il nome proprio del demonio è Satana. Satana significa "menzogna"
in ebraico; il greco diaballein, da
cui il nostro "diavolo", significa "ingannare" e
"gettare -o porsi -dall'altra parte". Cristo, invece, è la
Verità e ripete ai suoi discepoli: "Non vi chiamo più servi, perché il
servo non sa quello che fa il suo padrone;
ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito
dal Padre l'ho fatto conoscere a voi"
(Giovanni,
15). L'accenno
ad aver riferito tutto quello che ha udito dal Padre, si riferisce al
fatto che i progenitori, Adamo ed Eva, accettarono la proposta del demonio
perché credevano che il Padre non avesse detto loro tutto. È
tenendo conto di questa storia che va letto il viaggio di
Dante-personaggio: esso corrisponde (ha lo stesso verso) a quello compiuto
sulla Terra dal Cristo, sceso dal cielo vicino a Gerusalemme, morto a
Gerusalemme e disceso agli inferi, da cui risorse il giorno di Pasqua. Inoltre, l'opera di
Dante-scrittore ripropone il viaggio di Dante-personaggio guardandolo, però,
"in seconda lettura", ossia dalla parte della resurrezione. E lo
stesso movimento che permette di leggere il testo biblico dell'Antico
Testamento a partire dalla venuta di Cristo, ossia procedendo a ritroso,
dalla fine verso l'inizio. Perciò,
il viaggio dantesco indica la via della redenzione mediante l'immagine del
percorso che la Parola deve compiere per recuperare il proprio corretto
orientamento rispetto alla Verità, avendo come riferimento essenziale non
la natura bruta, meccanicamente intesa, ma la storia del rapporto tra
l'uomo e la Verità, cioè Cristo, il Sole. La
parola (cioè Dante-personaggio) attraversa l'intero spettro offerto dalla
ragione e dai suoi modi di porsi, con le sue luci e le sue ombre, con ciò
indicando che l'uomo, cacciato dall'Eden, può giungere alla piena luce
solo attraversando coraggiosamente il proprio buio. Come Dante crede e
afferma, dopo Cristo si sa che questa luce c'è ed è in grado di vincere
le tenebre, di rendere cioè chiaro quello che, senza di lui, non sarebbe
possibile capire. |