LO SCHEMA DI DANTE

Una metafora attuale per indicare i tre livelli della pura animalità (il livello dei sensi), della ragione e dell'intelletto, potrebbe essere quella che prende in considerazione tre categorie di utenti del computer.

  • L'Inferno è costituito da coloro che, pur dovendo aver a che fare (poniamo per motivi di lavoro) con programmi applicativi, considerano tutto ciò che riguarda hardware e software una vera dannazione, una diavoleria inventata per far ammattire la gente. Quando le cose non funzionano battono i tasti a caso, rimpiangono la vecchia macchina da scrivere, invocano le penne biro, si adirano con chi ha inventato schermi e tastiere. In qualche modo sanno usare il computer, ma in realtà non ne capiscono la logica e, quindi, il bene che ne potrebbero avere se assumessero un atteggiamento diverso.

  • Il Purgatorio è l'ambito di coloro che, avendo imparato ad utilizzare i programmi più comuni e avendoci preso gusto, decidono di entrare nella logica di fondo, nell'architettura dei diversi sistemi - qualcuno solo in quella dei programmi, altri addirittura in quella dei sistemi operativi e delle loro relazioni. Chiunque abbia fatto questo salto sa che, non solo agli inizi, sono molte le difficoltà che incontrerà, ma sa anche che, a mano a mano che si procede nel labirinto dei bytes, le soddisfazioni per quello che si capisce e che - qualche volta - si riesce a fare, sono tali che si sta svegli anche per due notti di fila pur di risolvere un problema appassionante.

  • Il Paradiso è, invece, quello che tutti gli informatici sognano, ossia la capacità di muoversi agilmente all'interno di una megarete universale, nella quale le singole unità (i singoli utenti) dialoghino tra loro non soltanto scambiandosi attachments o e-mail (come accade ora) ma condividendo, ciascuna, l'intero sistema, in modo da essere nel medesimo istante, un elemento particolare e il tutto.

Se a qualcuno questa metafora sembrasse poco pertinente, si ricordi che uno dei più grandi logici del nostro tempo, Bertrand Russell, ha affermato che la logica astratta, nella sua forma moderna, corrisponde perfettamente a quella cosa che - al tempo di Dante - si chiamava il linguaggio angelico, o linguaggio dell'intelletto. Inoltre la discussione se questo intelletto dovesse essere considerato separato rispetto alla ragione (una specie di sistema delle reti, inaccessibile da parte dei singoli utenti) o unito ad essa (in questo caso l'utente avanzato, in grado di gestire linguaggi sofisticati, potrebbe avervi accesso, collaborando all'affinamento dei processi di elaborazione delle regole e alla gestione dei dati) attraversò l'intero secolo XIV e costò a qualcuno più che una cattedra universitaria.

Sia i sostenitori della separatezza dell'intelletto (come Averroè, il grande commentatore arabo di Aristotele) sia i loro avversari (quelli a favore dell'unità, come san Tommaso) condividono, comunque, la convinzione che ogni sistema particolare, ossia la razionalità di ogni singola persona, funziona soltanto grazie al fatto che in essa, inevitabilmente, agisce l'intelletto. È evidente che nessuno potrebbe fare un ragionamento coerente se non esistesse il principio di non contraddizione. Ma questo deriva dal funzionamento dei nostri neuroni o è una legge universale, che regola il funzionamento dei neuroni stessi? Questo intelletto, dunque, corrisponderebbe ad un sistema operativo universalmente condiviso, in grado di far funzionare sistemi operativi diversi, ciascuno coi suoi programmi applicativi, i suoi documenti, i suoi fogli di calcolo, i suoi programmi grafici e via di seguito. Ai programmi applicativi corrispondono le singole scienze, le arti visive e quelle della parola. La filosofia e la teologia sono invece, rispettivamente, i linguaggi di programmazione e, per così dire, il linguaggio dei linguaggi.

Gli utenti meno abili - gli uomini - stanno in comunicazione tra loro scambiandosi informazioni sotto forma di file di testo (ossia mediante la parola), gli utenti più sofisticati (gli angeli) comunicano tra loro per il fatto che ciascuno è in grado di gestire l'intero sistema. Tra gli uni e gli altri si situano i diversi gradi di umanità.

Lo schema generale ora tracciato è esplicitamente richiamato da Dante nella lettera dedicatoria del Paradiso a Cangrande della Scala. Se qualcuno - dice Dante - non crede che esso funzioni, si legga Riccardo da San Vittore. Costui è un teologo vissuto qualche secolo prima di Dante e si trova, ovviamente, in Paradiso. Il poeta sottolinea che le sue teorie (dette spiro, cioè spirito, nella Commedia) sono di livello assolutamente superiore a quello che si trova generalmente sui libri. Riccardo ha un cervello stratosferico (è un mostro di intelligenza). Riccardo sosteneva, appunto, che esistono livelli - o tipi - logici diversi tra loro, ciascuno dei quali ha le sue regole specifiche e i suoi ambiti di azione.

Per Riccardo esiste, dunque, un livello comune della percezione delle realtà, ed esiste un livello più sofisticato, mediante cui la mente umana, in qualche modo uscendo dal proprio sistema consueto (mentis excessum, lo chiama Riccardo) non solo riesce ad operare sul reale, ma è anche - e contemporaneamente - in grado di riflettere sulle proprie operazioni e sui meccanismi che le rendono possibili.

Il primo livello, prosegue questo grande pensatore, è quello della ragione (sensus rationalis), il secondo è quello dell'intelletto (sensus intellectualis). In altre parole: c'è l'ambito di chi sa usare anche bene un programma di computer e l'ambito di coloro che sanno anche come si costruiscono gli hardwares e i softwares necessari per farlo funzionare. (Quelli che sanno solo eseguire operazioni meccaniche sono al livello delle bestie, in questa metafora).

Nel linguaggio medievale il livello dei softwaristi più sofisticati si chiama contemplazione, e infatti il testo di Riccardo cui allude Dante si chiama De Praeparatione animi ad contemplationem, più conosciuto come Beniamin minor (corso superiore di informatica, lo diremmo oggi).

Il teologo Riccardo prosegue sostenendo che, mediante il sensus rationalis (la ragione) noi siamo in grado di sviluppare teoremi anche molto arditi, ma sempre relativi all'ambito dei fatti che cadono sotto i nostri sensi. Lui li chiama invisibilia nostra (ovvero i risulta ti di procedimenti astrattivi cui tutti possono accedere, come i teoremi di geometria, per esempio, o le deduzioni logiche in generale). Quando, invece, mettiamo in atto il sensus intellectualis, siamo in grado di osservare gli invisibilia divina, ovvero di muoverci con una certa agilità, per così dire, nella logica di Dio.

Tra questi due livelli (il primo dei quali omnibus notum -praticabile da tutti-, il secondo invece paucis expertum - ossia tale che solo pochi ne hanno potuto fare esperienza) c'è uno scarto molto netto, un decisivo salto di qualità. Tra questi due livelli, secondo Riccardo e anche secondo Dante, non sempre esiste una comunicazione, proprio perché lo scarto tra loro è di natura qualitativa. Il termine usato da Riccardo per indicare questo scarto è densus oblivionis velum (uno spesso strato di dimenticanza, una specie di lacuna mnemonica che rende inaccessibili - a chi si trova su un piano - le informazioni disponibili sull'altro).