Il rapporto tra paganesimo ed ebraismo può essere così sintetizzato:
Tale ostilità, tuttavia, non sfociò in un vero e proprio antigiudaismo di stato - con l'unica eccezione delle misure antiebraiche assunte da Adriano nel 135 - e si limitò a filtrare nell'attenzione prestata dagli intellettuali agli aspetti singolari dell'ebraismo, con un atteggiamento di accentuata repulsione per il particolarismo ebraico.
Con l'avvento del Cristianesimo il quadro della situazione si modificò. Nell’atteggiamento della Chiesa nei confronti dell’ebreo si riscontra sin dalle origini un ambiguo intreccio di punti di vista:
Dal primo scaturisce l’antigiudaismo di fondo interno alla storia del cristianesimo, come tentativo di determinare la percezione negativa dell’ebreo da un punto di vista religioso. Dal secondo, invece, deriverà, attraverso successive evoluzioni, non del tutto lineari e scontate, l’antisemitismo, come affermazione della diversità dell'ebreo in senso fisico-morale. Maggioritaria nella tradizione successiva della Chiesa sarà la linea che sostiene che l'ebreo deve essere presente nella società cristiana, ma la sua presenza - come quella dell'errore - deve essere subordinata alla Verità. Minoritaria risulterà invece l'altra tendenza: l'errore deve essere sradicato dalla società cristiana; l'ebreo deve essere allontanato dalla comunità che professa la vera religione. Fissata come elemento dello stereotipo, la diverisità fisico-morale dell'ebreo sarebbe stata destinata, soprattutto nella cultura del tardo Ottocento e del primo Novecento, a una accentuazione foriera dei drammi dello sterminio. |
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