Un cupo e scempio eros
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«La
causale del delitto, cioè i torbidi moventi che hanno costituito per la banda
euforica l’impulso primo verso una serie di azioni criminali, è una causale
non esclusivamente ma prevalentemente «erotica» (nel senso lato che, come
avrete avvertito, io conferisco al vocabolo) nel suo complesso: segna il
prevalere di un cupo e scempio Eros sui motivi di Logos. A una disamina esterna,
tutta la ventennale soperchieria è contraddistinta dai caratteri estremi della
scempietà, della criminalità puerile, della mancanza di senso e di cultura
storica: non diciamo del senso etico e religioso. Essa è una netta
retrogressione da quel notevole punto di sviluppo a cui la umanità era giunta
(in sullo spengersi dell' epoca positivistica) verso una fase involutiva,
bugiarda, nata da imparaticci, da frasi fatte, dalla abitudine di passioni
sceniche, da un ateismo sostanzale che vuole inorpellarsi di una «spiritualità»
e «religiosità» meramente verbali. Ora questa caratteristica denuncia
precisamente che il pragma della banda e del capintesta è un pragma bassamente
erotico, un basso prurito ossia una lubido di possesso, di comando, di
esibizione, di cibo, di femmine, di vestiti, di denaro, di terre, di comodità e
ozi: non sublimata da nessun movente etico-politico, da umanità o da carità
vera, da nessun senso artistico e umanistico e men che meno da una intervento di
indagine critica. Si trattava per lo più di gingilloni, di zuzzuruloni, di
senza-mestiere dotati soltanto d'u prurito e d'un appetito che chiamavano
virilità, che tentavano il corto-circuito della carriera attraverso la «politica»:
intendendo essi per politica i loro diportamenti
camornstici. […] Ora
questa bassa prurigine non fu virilità conscia de' suoi obblighi, ma
improntitudine di violenti disposti a tutto per tirare a casa una sovvenzione e
per esibirsi stivaluti e armati di coltello al corso: disposti a tutto e in
primis a plaudire chi è «in alto» (cioè i ladroni prelati dalla fortuna e
dalla scaltrezza) e a far la spia e lo sbirro «a'n collega mio». Cominciavano
ad agitarsi nel guf, che era il seminario, la pepinière delle spie: facevano la
spia ai docenti e ai compagni: fiduciari di gruppo, cioè ladruncoli e
concussori e spie cantonali, a ventun anni: federalastri a venticinque, prefetti
a ventotto. Tutta la nazione è stata posta in mano a codesta ragazzaglia: con
il motivo del ritornello giovinezza, primavera di bellezza: come una claque di
scalmanate mamillone che, naturalmente, all'intravedere non dirò qualità «maschie»
ma ornamenti fallici e vescicule seminali in quei ventenni perdevano
completamente le staffe: «Io sono fascista, io amo la mia patria…» dicevano
con anima speranzosa fremente
nell'attesa. Ora
tutto ciò è Eros, non Logos. Non nego alla femmina il diritto ch'ella «prediliga
li giovini, come quelli che sono li più feroci» {Machiavelli, Il Principe) cioè
i più aggressivi sessualmente; ciò è suo diritto e anzi dirò suo dovere. Non
nego che la Patria chieda alle femmine di adempiere al loro dovere verso la
Patria che è, soprattutto, quello di lasciarsi fottere. E con larghezza di
vedute. Ma «li giovini» se li portino a letto e non pretendano acclamarli
prefetti e ministri alla direzione d'un paese. [...] Le
femmine hanno preferente affetto a chi appare loro espedito nelle cose sua:
diliberato a parole e risoluto agli atti: anche se la diliberazione l'è quella
di chi andrà capofitto, e la risolutezza la si sarà resoluta alla peggio.
Perché le due cose le fanno immagine d'un sesso mastio vigorosamente adempiente
agli offici sua, che sono l'attacco, la rottura e la penetrazione. Perché la
loro anima l'ha d'uopo appoggiarsi a chi la sustenga, e non gli pare essere
sustentate se non dal vocione e dall'imperio e dalla assicurata grinta
dell'uomo. Le femmine hanno in uggia i filòsafi, odiano ogni maniera
disquisitrice degli ispelacciati intelletti e ogni forma di critica, la ragione
per loro è sofisma, e il riserbo civile lo chiamano impotenza. Guai al
Tentenna! [ ...] Le
più pazze, le più prese dalla imago, non bisognavano marito, ne ganzo, ne
drudo. Checcé. Gli bastava la Idea, la Idea sola della Patria, e del kuce. Gli
bastava immaginare il kuce nell'atto di salvar la Patria per sentirsi salvate e
pregne anche loro in compagnia della Patria. Una di codeste pazze riuscì a fare
un figlio: col ritratto del kuce. Ed ebbe il pupo, al nascere, le quadrate
mascelle del Mascellone, tanto che lo ricovrarono al Cottolengo. Dove il
mostriciattolo pisciò, cioccolattò, crebbe e proferì apoftegmi: in tutto
simili a quelli del Padre. A
mole vedove o vedovate o comunque disertate dal Conforto il ritratto del kuce,
dicevano «mi riempie la vita» (se non la pancia). «Quello è un uomo!»
dicevano. «Che bel maschione!» esclamò un giorno, commossa, la padrona di
casa di un vicino. L’aveva avvistato sul tavolo una cartolina con l’Ex-Bomba
in pullover (un pullover a scacchi) e in knickerbockers, da parere un ciclista
disceso dopo il traguardo. Non vi dico la pulloveresca e knickerbockersca
eleganza del maschione. (Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo, in Saggi, giornali e altri
scritti,. vol. II, Garzanti, Milano 1992)
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