L'ermetismo  

Affermatosi negli anni che precedono la Seconda Guerra Mondiale, l’Ermetismo approfondisce tematiche esistenziali. L'elaborazione di questa tendenza ha il suo centro a Firenze, che, oltre a offrire il suo appoggio editoriale (soprattutto da parte della casa editrice Vallecchi), ha nel caffè delle Giubbe Rosse un luogo di incontro e di discussione divenuto famoso. I risultati di questa ricerca, sul piano della riflessione critica e dell'attività creativa, trovano uno spazio crescente sulle principali riviste, anch'esse fiorentine: da « Solaria» a «Letteratura», che ne svilupperà le implicazioni più propriamente stilistiche e letterarie; dal cattolico «Frontespizio» a «Campo di Marte». La definizione del termine "ermetismo" si può considerare ufficialmente riconosciuta già nel 1936, quando Francesco Flora (un critico accademico aperto alle espressioni della letteratura contemporanea, attento in particolare alla musicalità dell'espressione) pubblica il libro La poesia ermetica, che si ferma tuttavia a un ambito di considerazioni ancora generiche e superficiali. Un'importanza ben più decisiva riveste il saggio di Carlo Bo Letteratura come vita, apparso in quel medesimo anno sul «Frontespizio». Il testo contiene i fondamenti teorico-metodologici della poetica ermetica, non in quanto li postula come un programma, ma in quanto chiarisce le implicazioni di una esigenza diffusa, che caratterizza ormai  - nelle sue linee essenziali - la poesia più recente, quella dei «lirici nuovi» (la vicenda si può inscrivere nell'arco di due significative antologie, quella degli Scrittori nuovi, curata nel 1930 da Enrico Falqui ed Elio Vittorini, con prefazione di Giovan Battista Angioletti, e quella dei Lirici nuovi, curata da Luciano Anceschi ne11943, come sintesi e primo bilancio di questa esperienza, quando ormai stavano mutando i presupposti che l'avevano giustificata).

Seguendo le linee interpretative offerte da Bo, l'Ermetismo fa coincidere la poesia con la «vita», intesa come la realtà più intima e raccolta dell'uomo, al di fuori di ogni superficiale confusione con atteggiamenti o pose esteriori. L'essenza del soggetto coincide così con l'essenza della poesia, che diventa uno stato di grazia, una forma di conoscenza insieme interiore e metafisica, assumendo un valore iniziatico e religioso (si ricordi che l'Ermetismo affonda in parte le sue radici nella cultura cattolica, anche se non può essere identificato con essa). Non conta tanto, aggiunge Carlo Bo, la storia della letteratura, come un insieme di testi legati fra di loro e alla società che li ha espressi; quello che veramente importa è il «testo», nel rapporto unico e irripetibile che stabilisce con il suo autore e con la visione della realtà da lui proposta. Di qui il rifiuto di ogni compromesso o contatto nei confronti della storia, che ha particolari conseguenze sul piano delle scelte operative. Tra queste sono da registrare la chiusura dello scrittore in una forma di individualismo assoluto e la scelta di un linguaggio arduo, difficile, oscuro, al limite dell'incomunicabilità. La poesia è rivolta ad un ristretto numero di persone, in particolare a coloro che ne condividono l'impostazione e le attese; dal messaggio letterario viene esclusa, di conseguenza, la maggior parte del pubblico, nella sua accezione abituale. Lo strumento privilegiato dell'espressione resta quello costituito dall'analogia, come tramite di un processo che coglie realtà impalpabili e misteriose, trasferendo i dati dell'esperienza su un piano di situazioni interiori e spirituali, di tipo ontologico-esistenziale. Come aveva insegnato Ungaretti, il centro su cui converge questa ricerca è costituito dalla parola, che si fa evocatrice e allusiva, per caricarsi di significati molteplici e indefiniti, resi con una intensa concentrazione immaginifica e fantastica. Presentandosi come pura (ossia autonoma e compiuta in se stessa, in quanto sottratta a ogni altro condiziona- mento), la poesia finisce per costituire la vera e sola realtà, oltre che la fonte privilegiata della conoscenza, interrogandosi sul senso della vita e offrendo risposte che riguardano il destino ultimo dell'uomo, sospeso fra il tempo e l'eternità (la poesia assume così anche una connotazione filosofica, che bene si accorda con le tendenze esistenziali della cultura europea contemporanea).

Il termine "ermetismo" era così destinato a divenire sinonimo di oscurità e di indecifrabilità, spesso volute e accentuate, che hanno dato lo spunto alle interpretazioni più banali e superficiali. Ma la parola rinvia anche alla tradizione ermetica, derivata da un non meglio identificabile Ermete Trismegisto, che sarebbe stato autore, nel periodo della civiltà ellenistica, di libri magici, in cui si rivelavano segreti religiosi capaci di rendere l'uomo partecipe della natura divina. In questo senso l'Ermetismo diventa sinonimo di conoscenza esoterica, per pochi iniziati, relativa a una sfera di valori religiosi e assoluti, alla quale si può ricondurre anche la tradizione orfica (dal nome del mitico cantore Orfeo, che riuscì a scendere negl'Inferi per ricondurre la sposa morta, Euridice, sulla terra), che concepisce la poesia come rivelazione dei misteri della vita (si ricordino i Canti orfici di Dino Campana, e, più in generale, E. Lo Bue, L'orfismo della parola, Mursia, Milano 1983). Proprio il rifiuto di confrontarsi con la storia diventerà un capo d'accusa rivolto spesso contro gli ermetici nel clima politico profondamente mutato del dopoguerra; ma essi potranno facilmente rispondere che la totale chiusura in uno spazio interiore rappresentava il solo modo di sottrarsi alla retorica e alle scelte culturali del fascismo, evitando ogni possibile compromesso e assumendo un implicito valore di dissenso. Resta il fatto che, secondo una generale linea di tendenza, la loro poesia, sin dagli anni del secondo conflitto mondiale, tende ad aprirsi maggiormente nei confronti della realtà, portando ad una progressiva diversificazione delle soluzioni espressive.

Pur nella diversità dei singoli temperamenti, l'Ermetismo è la tendenza poetica prevalente nel decennio che precede la guerra; i suoi effetti, sebbene modificati, si faranno sentire anche in seguito. Oltre a Salvatore Quasi modo e Mario Luzi, ricordiamo Luigi Fallacara (1890-1963); Giorgio Vigolo (1894-1983); Carlo Betocchi (1899-1986); Sergio Solmi (1899-1981); Libero De Libero (1906- 1981); Leonardo Sinisgalli (1908-1981), che sostenne l'attività letteraria con una solida preparazione scientifica (da11953 dirigerà la rivista «Civiltà delle macchine»); Alfonso Gatto (1909-1976), che esordisce nel 1932 con la raccolta Isola; Alessandro Parronchi (n. 1914); Piero Bigongiari (n. 1914). Tra i precursori è da segnalare Arturo Onofri (1885-1928), che aveva perseguito un ideale di poesia esoterica, densa di contenuti filosofici e religiosi. Altri poeti, che risentirono inizialmente delle suggestioni ermetiche, svilupperanno poi in direzione diversa la loro attività. Per quanto riguarda la situazione venutasi a creare negli anni Trenta, ben poche furono le voci che cercarono di prendere le distanze dalla tendenza dominante: fra queste assume particolare rilievo quella di Cesare Pavese, che nella raccolta Lavorare stanca (1936) diede vita a un'esperienza poetica completamente diversa, basata non sul soggetto ma sulla realtà, attribuendo alla parola una cadenza marcatamente narrativa.