Nuove stanze
Poi che gli ultimi fili di tabacco al tuo gesto si spengono nel piatto di cristallo, al soffitto lenta sale la spirale del fumo 5
che gli alfieri e i cavalli degli scacchi guardano stupefatti; e nuovi anelli la seguono, più mobili di quelli delle tue dita. La morgana che in cielo liberava 10
torri e ponti è sparita al primo soffio; s'apre la finestra non vista e il fumo s'agita. Là in fondo, altro stormo si muove: una tregenda d'uomini che non sa questo tuo incenso, 15
nella scacchiera di cui puoi tu sola comporre il senso. Il mio dubbio d'un tempo era se forse tu stessa ignori il giuoco che si svolge sul quadrato e ora è nembo alle tue porte: 20
follia di morte non si placa a poco prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo, ma domanda altri fuochi, oltre le fitte cortine che per te fomenta il dio del caso, quando assiste. 25
Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco tocco la Martinella ed impaura le sagome d'avorio in una luce spettrale di nevaio. Ma resiste e vince il premio della solitaria 30
vegli chi può con te allo specchio ustorio che accieca le pedine opporre i tuoi occhi d’acciaio.
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CommentoLa
lirica ci propone la distinzione fra spazio interno e spazio esterno: una camera
– lo spazio intimo che accoglie i due amanti, intenti al gioco degli scacchi.
Da un gesto banale – Clizia
spegne la sigaretta in un portacenere di cristallo, l'inanellarsi del fumo verso
il soffitto – il poeta coglie
negli oggetti improvvisamente straniati un dolente presentimento di rovina: …al soffitto lenta sale la spirale del fumo 5
che gli alfieri e i cavalli degli scacchi guardano
stupefatti… La seconda strofa, nel proporre le consuete connotazioni spaziali, introduce un movimento, un'azione emblematica che chiarisce il senso di un rito sibillino adombrato nel fumo stesso: La
morgana che in cielo liberava 10
torri e ponti è sparita al
primo soffio; s'apre la finestra non
vista e il fumo s'agita. Là in fondo, altro
stormo si muove: una tregenda d'uomini
che non sa questo tuo incenso, 15
nella scacchiera di cui puoi tu sola comporre
il senso. Ecco la solita frontiera, una finestra «non vista» (il particolare è importante, perché allontana ancor più l'esterno dall'intimità insidiata). Un vento crudo dissolve l'incanto del paesaggio fiorentino liberato in cielo dalla morgana; e con violenza spalanca la finestra, agitando il fumo. È «là in fondo» la realtà della tragedia che il gioco degli scacchi presagisce con stupore e paura: le innocue schiere degli alfieri e dei cavalli rivelano «altro stormo». L'oggetto straniato replica una «tregenda d'uomini» inconsci del senso del destino giocato per loro mezzo e di cui solo Clizia sa afferrare la trama. La lirica è costruita su una duplice isotopia, dal cui incontro dialettico nasce la seguente transcodificazione simbolica: scacchi: stormo scacchiera: eventi bellici, storia insensata fumo: incenso Clizia vs umanità. La
sacralità di Clizia prelude ormai alla sua definitiva
assunzione come guida angelicata, che domina l'assurda tregenda di un'umanità
alienata. Il rito, fra sibillino ed esorcistico, con cui i due amanti cercano di
sottrarsi alla minaccia incombente, consacra la funzione salvifica della donna,
a cui il poeta si affida perché ogni dubbio d'un tempo è scomparso ed ella
conosce «il giuoco che si svolge / sul quadrato»: Il
mio dubbio d'un tempo era se forse tu
stessa ignori il giuoco che si svolge sul
quadrato e ora è nembo alle tue porte: 20
follia di morte non si placa a poco prezzo,
se poco è il lampo del tuo sguardo, ma
domanda altri fuochi, oltre le fitte cortine
che per te fomenta il dio del
caso, quando assiste. Il modello semantico già segnalato è ripreso
con preciso rigore strutturale: giuoco: nembo lampo del tuo sguardo: altri fuochi fumo: fitte cortine. Si osserverà come le connotazioni spaziali assumano un pregnante significato metaforico in relazione all'atteggiamento di Clizia: il «nembo» della tempesta è ormai «alle tue porte» (ancora una frontiera assediata, di cui si paventa il crollo); il «nembo» è «follia di morte» non facilmente esorcizzabile, se «il lampo del tuo sguardo» non illumina a fondo le tenebre circostanti e non si propone come fuoco e passione salvifica. Al di là delle «fitte cortine» fomentate dal «dio del caso» (l'effimera frontiera protettiva di cui si conosce la labile e casuale consistenza), la guerra esige veri sacrifici, rituali assurdi, «fuochi» non metaforici. Fra la «follia di morte» e gli «altri fuochi» richiesti in olocausto e il «lampo» dello sguardo di Clizia, un destino benevolo può tutt'al più innalzare le «fitte cortine» che difendono e nascondono, forse perché «poco è il lampo». Ma il poeta sa che quello sguardo è ormai consapevole e forte, capace di opporsi all'inferno di fuoco che sta per divampare: 25
Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco tocco
la Martinella ed impaura le
sagome d'avorio in una luce spettrale
di nevaio. Ma resiste e
vince il premio della solitaria 30
vegli chi può con te allo specchio ustorio che
accieca le pedine opporre i tuoi occhi
d’acciaio. Il suono della campana di Palazzo Vecchio è un funebre rintocco che impaura le illividite figure degli scacchi, estraniati emblemi della tragedia. Il glaciale bagliore che penetra nella stanza è il «fondo» dell'epifania di Clizia: la solitaria «veglia» del poeta, veglia d'amore e di civile resistenza alla «follia di morte», sarà premiata dall’incontro con la luce salvifica della donna-angelo, colta nel metonimico-metaforico sintagma degli «occhi d'acciaio». È ancora una salvezza a due, che esclude le pedine accecate dallo «specchio ustorio», l'ultimo oggetto-simbolo del «nembo-follia di morte» che domanda «altri fuochi»; e quanto più le pedine sono incapaci di vedere il senso del terribile gioco, del folle fuoco d'artificio, quanto più sono alienate al pari di fantocci, tanto più esse sono strumento inerme e rassegnato della «tregenda». La lirica è mirabilmente strutturata sulla complessa transcodificazione degli elementi «scacchi-pedine»: «guerra-uomini», «fuoco- fumo di sigaretta»: «altri fuochi-specchio ustorio», «primo soffio»: «nembo», «spirale del fumo»- «fitte cortine». Gli uomini, pedine accecate, non conoscono il potere salvifico di Clizia (il suo «fumo-incenso»); il poeta invece «sa». L'affidamento a Clizia – che nella Bufera, come conferma lo stesso Montale, sarà proiettata «sullo sfondo di una guerra cosmica e terrestre, senza scopo e senza ragione»... «donna o nube, angelo o procellaria» – non ha nulla di fideistico, perché implica la necessità di sapere; come dirà il poeta, in un luogo famoso, «essere sempre tra i primi e sapere, ecco ciò che conta, anche se il perché della rappresentazione ci sfugge».
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