5. La lotta dei comuni contro l'Impero
 

L’inevitabile conflitto con l’impero. Per quanto costituitisi senza fare gran chias­so e spesso col favore imperiale, i liberi Comuni si rivelarono ben presto come un vero e proprio pericolo per gli ideali “universali” feudali, sostenuti dall'imperatore e dal papa. I Comuni, infatti, gra­zie al loro dinamismo economico, si era­no sempre più svincolati dal sistema feu­dale e rivendicavano la loro piena indi­pendenza. Inoltre, una volta divenuti una specie di piccoli Stati indipendenti, pur considerandosi sempre vassalli dell'im­pero, tendevano inevitabilmente all'au­tonomia politica e amministrativa e alla conseguente eliminazione di ogni inter­vento imperiale nella vita cittadina: essi governavano con proprie istituzioni e proprie leggi, si difendevano con propri eserciti, spesso grandi e ben addestrati, e si erano a poco a poco dimenticati dei loro doveri nei confronti dell'imperato­re. In realtà, quella dei Comuni e quella dell’impero erano due forme di civiltà diametralmente opposte: una era diret­ta dal basso, l'altra dall'alto; una era rura­le, l'altra cittadina; una era statica, l'altra era dinamica; una era aristocratica, l'al­tra sempre più borghese. Era inevitabile che esse entrassero in conflitto e che una delle due dovesse soccombere. Ciò avvenne tra il XII e il XIII secolo nel corso di sanguinose lotte, che assicurarono la vit­toria alle autonomie cittadine e segnarono la lenta e progressiva decadenza dell’i­mpero.

Prima discesa di Federico Barbarossa in Italia (1154-1155). A dare inizio alle ostilità fu uno dei più grandi impe­ratori del Medioevo, Federico I di Sve­via (1125-1190), detto il Barbarossa, che sperò di poter unificare l'intera Europa sotto la propria autorità. Per raggiun­gere tale scopo, Federico decise di inter­venire in Italia, soprattutto per tre moti­vi: assoggettare i Comuni italiani, acquistare un'indiscussa supremazia sul papa­to ed estendere l'influenza germanica sull’Italia meridionale ai danni dei Nor­manni. A incoraggiarlo a tale impresa, furono non solo le molte famiglie feu­dali desiderose di abbattere la potenza comunale, ma anche alcuni Comuni, come Pavia, Lodi e Como, preoccupati per l'espansionismo di Milano, nonché lo stesso papa, che contava sull'aiuto imperiale per rovesciare il Comune popo­lare affermatosi a Roma sotto la guida del monaco agostiniano Arnaldo da Bre­scia, la cui veemente predicazione con­tro la corruzione e l'immoralità del cle­ro aveva costretto il pontefice a lasciare la città. Nell'ottobre del 11541'impera­tore intervenne in Italia con un piccolo esercito e a Roncaglia, presso Piacenza, convocò una dieta, in cui revocò i dirit­ti imperiali di cui si erano appropriati i Comuni e, dopo aver distrutto Asti, Chie­ri e Tortona, si fece incoronare a Pavia re d'Italia. Si diresse poi verso Roma e strinse un accordo con il papa Adriano IV (l'unico papa inglese della storia), che in cambio della cattura di Arnaldo gli concesse l'incoronazione imperiale (1155). Egli però non riuscì a ingraziarsi la popo­lazione dell'Urbe, che insorse contro di lui, costringendolo a tornarsene in tut­ta fretta in Germania.

 

Verso il tramonto dell'autorità impe­riale. Il Barbarossa ritornò più volte in Italia, per contrastare l'autonomia dei Comuni lombardi e l'ostilità rinnovata­gli dalla Chiesa con Alessandro III, oppo­sitore dell'impero. Nel 1164 alcune città venete si unirono in una lega antimpe­riale (Lega veronese) e il loro esempio venne seguito in Lombardia, da Brescia, Bergamo, Mantova e Milano, che dette­ro vita con altre 36 città alla Lega lom­barda (1167), sostenuta anche da Ales­sandro III. Nel 1174 si verificò lo scon­tro risolutivo: il Barbarossa, deciso a distruggere definitivamente i suoi avver­sari, venne battuto dalla Lega lombarda, prima ad Alessandria e poi a Legnano e fu costretto a ristabilire la pace col papa (tregua di Venezia, 1177) e con i Comu­ni (pace di Costanza, 1183), ai quali veni­vano riconosciuti diritti sovrani, seppure con limitati obblighi feudali. Maggior successo fu ottenuto da Federico I nell'Italia meridionale, dove combinò le nozze tra suo figlio Enrico e Costanza d'Al­tavilla, ultima discendente della dinastia normanna: in tal modo il regno norman­no dell'Italia meridionale fu unito all'im­pero. Nel 1190 il vecchio imperatore, morì, seguito di lì a poco (1197) dal figlio Enrico VI, che lasciò un erede di appe­na tre anni, Federico II, destinato a diven­tare una delle personalità più forti e affa­scinanti della storia medievale.

 

le nozze tra Enrico VI e Costanza D'Altavilla