1. L'origine del potere temporale della chiesa e la rinascita dell'impero (VIII-X sec.)

   

Autorità crescente della chiesa. In seguito alla dissoluzione dell'impero roma­no sotto la pressione delle migrazioni ger­maniche, in Italia la Chiesa si trovò a esercitare non solo funzioni spirituali, di conforto e di protezione dei più deboli, ma anche un vero e proprio ruolo poli­tico. Grazie alla sua solida organizzazio­ne gerarchica, il clero aveva acquistato una funzione centrale nella conservazio­ne del ruolo amministrativo, sociale e culturale della compagine imperiale, anche perché era quasi soltanto tra gli uomini di Chiesa che si potevano trova­re persone istruite, in grado di svolgere le funzioni un tempo di competenza del­lo stato. L’autorità della Chiesa, inoltre, aveva avuto modo di rafforzarsi nei perio­di turbolenti della costituzione dei regni romano-germanici e dell'anarchia feuda­le. Nel vuoto di potere determinato dall’indebolimento dell'impero d'Oriente e nel disordine e nella violenza che ne segui­rono, furono i vescovi a diventare un soli­do punto di riferimento per la popola­zione, anche sul piano amministrativo e politico. Nella Chiesa di Roma, inoltre, l'Occidente poté trovare la propria unità culturale e morale.

L'estensione del cristianesimo sotto Gregorio Magno. Sotto la guida di alcuni grandi pontefici, infatti, il cristianesimo si era diffuso anche tra le popolazioni di origine germanica, un tempo pagane o ariane. Tra di essi va senza dubbio ricordato Gregorio Magno, che fu papa dal 590 al 604. Egli munì la Chiesa - che possedeva già allora una soli­da potenza economica e un consistente patrimonio territoriale, grazie alle dona­zioni compiute dai fedeli - di una salda organizzazione morale, amministrativa e disciplinare, allo scopo di rafforzarne il prestigio e di accrescerne l'autorità. Gre­gorio, dunque, può ben essere considera­to il fondatore del potere temporale del­la Chiesa. Il consolidamento di tale pote­re venne favorito dagli stessi Longobardi che, dopo essersi convertiti al cristianesi­mo di Roma e aver adottato la cultura latina, si adoperarono per restituire all'I­talia l'unità politica e territoriale che ave­va nell'antichità.

 

 

Gregorio Magno

Concetti chiave

Potere spirituale / Potere temporale. La Chiesa, in quanto organismo religioso, esplica il suo ruolo di guida della comunità cristiana in materia di fede, ovvero nelle questioni relative alla salvezza del­l'anima, al rapporto dell'uomo con Dio, all'interpreta­zione delle Scritture, ai principi morali che devono ani­mare la condotta dei fedeli. Tutto questo rientra nel suo ruolo spirituale. Le questioni terrene, di amministrazio­ne politica, governo territoriale, legislazione giuridica appartengono invece alla sfera temporale, ovvero ter­rena, politica, che sono compito specifico del governo di uno Stato, nelle varie forme che questo può assu­mere. Nel Medioevo la Chiesa pretese di incarnare anche questo secondo potere, temporale, ovvero contingen­te, effimero perché relativo alle cose del mondo, sog­gette a deperire col tempo, in contrapposizione con quello spirituale, che invece riguarda le cose eterne. Essa pretese quindi di assumersi le responsabilità specifiche del­la conduzione dello Stato: dal diritto di esercitare la sovranità su terre e uomi­ni alla difesa militare del territorio, dall'emana­zione delle leggi civi­li all'amministrazio­ne della giustizia ordinaria.

   

Rinasce l'impero. La crescente autorità della Chiesa provocò una serie di con­trasti con l'impero bizantino, che non ammetteva l'indipendenza del potere religioso da quello politico e vedeva nel pontefice romano solo un patriarca sot­toposto al potere dell'imperatore. Il papa­to per accrescere la sua autonomia dal­l'impero d'Oriente e difendersi dall'e­spansionismo longobardo - interessato a riunire il nord e il sud della penisola italiana, inglobando anche il cosiddetto "patrimonio di San Pietro" - cercò quin­di un appoggio politico in Occidente e lo trovò nel regno dei Franchi di Pipino il Breve. Tale alleanza proseguì e fu consolidata con il successore di Pipino, Carlo Magno, che fu incoronato "imperatore dei Roma­ni" nel Natale dell'800 per mano di papa Leone III. Rinasceva così l'impe­ro anche in Occidente, il Sacro roma­no impero, che appariva superiore al primo perché si avvaleva della consa­crazione papale. Con ciò ci si avviava verso il definitivo distacco fra Roma e Bisanzio.

Il Sacro romano impero. Il Sacro roma­no impero fu la prima forma di aggrega­zione dei popoli occidentali dopo il 476. Carlo Magno si trovò a capo di un terri­torio che aveva come confini, da nord a sud, il Mar Baltico e il Mediterraneo, e, da ovest a est, l'Oceano Atlantico e il fiu­me Ems in Germania: esso comprende­va circa quindici milioni di abitanti con tradizioni e culture differenti. Carlo cercò di controllare questo organismo attraver­so un governo unificato, basato su isti­tuzioni politiche nuove. A differenza dei precedenti re germanici, che non aveva­no una sede stabile, Carlo fissò la sua resi­denza ad Aquisgrana, in Germania. Per discutere con i notabili e per emanare le leggi, due volte all'anno venivano con­vocate delle assemblee (diete) e, in pri­mavera, veniva riunita un'assemblea gene­rale dell'aristocrazia laica ed ecclesiasti­ca, per approvare le sue decisioni e le leg­gi da lui emanate e per organizzare le spedizioni militari (Campo di Maggio). Carlo si preoccupò di curare l'educazio­ne intellettuale e spirituale dei ceti domi­nanti: per questo, fondò la Scuola pala­tina. Istituì anche numerose scuole e biblioteche e favorì la cir­colazione di libri e la riproduzione di manoscritti, copiati dai monaci amanuensi, dette impul­so al commercio, all'industria e alle arti, avviando così quella fioritura culturale che è nota come "rinascita carolingia".

Marche e contee. Carlo divise il territorio, considerandolo suo patrimonio personale ed ereditario, in contee (regioni interne) e marche (regioni di frontie­ra), che affidò a conti e marchesi. Il siste­ma era basato sul principio della fedeltà: conti e marchesi dovevano al sovrano aiu­to e obbedienza sia in tempi di guerra sia in tempi di pace, divenendo suoi vassal­li. Come contraccambio il sovrano assi­curava loro il godimento temporaneo di beneficio, generalmente un appezzamento di terra, da restituire alla morte del vassallo o in caso di tradimento. L'intento dell'imperatore era quello di crea­re una vasta rete di legami personali tra sé e i propri collaboratori; il sovrano cer­cava inoltre di evitare possibili abusi di potere da parte di quest'ultimi attraver­so l’invio dei missi dominici, addetti a supervisionare l'operato dei vassalli. Quel­lo che era stato un punto di forza dei re carolingi, cioè la distribuzione di terre ai loro "fedeli", divenne il loro punto debo­le quando le conquiste finirono ed essi non poterono più assegnare ai vassalli le terre occupate. I vassalli riuscirono pian piano a rendersi indipendenti dall'auto­rità del sovrano e l'area dell'impero si fra­zionò in numerose signorie locali.

La nascita dei regni feudali. Alla mor­te di Carlo (814), dopo un periodo di lotte per la successione, si giunse al trat­tato di Verdun (843), con il quale l'im­pero venne diviso fra i tre figli dell'im­peratore Ludovico il Pio: Lotario ebbe l'Italia e la Lotaringia, Ludovico la Germania, e Carlo, detto il Calvo, la Francia. Nacquero così tre regni separati che solo nell'885 Carlo, detto il Grosso, riu­si per breve tempo a riunificare: nell’887, infatti, si ebbe il definitivo smembra­mento dell'impero e si formarono i pri­mi regni feudali, tante piccole isole indi­pendenti e in lotta fra loro.