6. Federico II e la fine della supremazia imperiale | |||
La teocrazia di Innocenzo III. Dallo scontro tra Comuni e impero la Chiesa era uscita rafforzata e volle riaffermare il potere non solo spirituale, ma anche temporale del papa sul mondo intero, soprattutto con l'ascesa al soglio pontificio di Innocenzo III. Egli, infatti, quale rappresentante di Dio in terra, si riteneva superiore a tutti gli uomini, e quindi anche all'imperatore, e intendeva porsi come incontrastato arbitro delle vicende politiche internazionali, secondo gli ideali della teocrazia. |
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Concetti chiave | |||
Guelfi e Ghibellini. Durante le lotte per l'elezione imperiale tedesca seguite alla morte di Enrico V (1125), la Germania si divise in due fazioni opposte: i guelfi, sostenitori dei duchi di Baviera (da Welf, fondatore di quella casata), e i ghibellini (dal nome del castello di Weibelingen in Franconia), schierati al fianco dei duchi di Svevia. A causa dei loro orientamenti politici nella lotta che opponeva papato e impero, i due termini passarono col tempo a indicare rispettivamente il partito più favorevole a un accordo col pontefice, riconoscendo in lui la massima autorità politica (guelfi), e quello che invece aveva un orientamento antipapale e si riconosceva nella politica dell’imperatore (ghibellini). Dopo morte di Federico II, in Italia l'opposizione tra guelfi e ghibellini perse quasi interamente la sua connessione con la lotta tra papato e impero: intere famiglie o addirittura città ghibelline erano in contrasto con gli avversari guelfi semplicemente per motivi economici e politici. II caso più noto è forse quello della lotta fra la ghibellina Siena contro il minaccioso espansionismo della guelfa Firenze. All'interno di una stessa città, dichiaratasi guelfa, poi, era possibile che nascessero altre divisioni, come nel caso di Firenze, che ai tempi di Dante fu dilaniata dalle lotte tra guelfi bianchi e guelfi neri: la differenza in questo caso era data da opposti orientamenti sociali e da diversi atteggiamenti, più o meno bellicosi, nella gestione della politica estera della città. |
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L’ascesa degli stati nazionali. Il regno di Federico II segnò comunque una svolta politica decisiva, in quanto contribuì a rafforzare l'idea di uno Stato fortemente accentrato. Egli si era reso conto che la rivendicazione dell'impero di estendere la propria autorità su tutta l'Europa era diventata anacronistica. In Francia, Inghilterra e Spagna, infatti, si stavano formando monarchie nazionali, nelle quali intraprendenti sovrani avviavano un processo di espansione e di riunificazione territoriale, destinato a ridimensionare il potere della nobiltà feudale a vantaggio di uno Stato centrale. In Inghilterra tale processo venne iniziato nel 1154 da Enrico II, capostipite della dinastia dei Plantageneti, mentre nel regno di Francia la svolta verso la monarchia nazionale venne attuata dal re capetingio Filippo II Augusto, aveva l'obiettivo di recuperare i territori francesi in mano inglese per consolidare l'unità territoriale del regno. Dopo la battaglia di Bouvines (1214), egli rafforzò il proprio potere e poté assumere per primo il titolo di "re di Francia" invece di "re dei Francesi", a sottolineare il fondamento nazionale del suo dominio. Nella Spagna, prevalentemente in mano araba, il processo di unificazione nazionale venne avviato da Alfonso VIII di Castiglia (11581214), il quale nel 1212 sconfisse gli Arabi a Las Navas de Tolosa (Andalusia): l'islamismo iberico rimase così confinato nell'estremo sud della penisola entro la breve striscia di territorio che costituì il regno di Granada. |
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