Francesco Bacone (1561-1626)
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ministro... natura: nella pratica (ministro) e nella conoscenza (interprete)
l'uomo deve avere come punto di riferimento la natura. Bacone polemizza
qui indirettamente contro la tradizionale definizione dell'uomo come
"animale ragionevole", puramente speculativo. [5]
per quanto... opere: quanto
alle applicazioni pratiche. [6]
rinunciare...
stesse:
per rifondare il sapere su basi certe bisogna mettere da parte tutte le nozioni
apprese tradizionalmente e guardare alla realtà in sé. [9]
che il senso...
cose: che
i sensi dell’uomo riproducono fedelmente la natura delle cose. [12]
foro:
nell’antica
Roma era il luogo deputato al mercato, centro amministrativo
e culturale della città. Qui
sta
a indicare le relazioni che gli uomini intrattengono tra loro tramite il
linguaggio. |
I.
L'uomo,
ministro e interprete della natura[1],
opera e intende solo per quanto, con la pratica o con la teoria, avrà
appreso dell'ordine della natura: di più non sa né può. II.
Né la nuda mano, né l'intelletto abbandonato a
se stesso hanno potenza. I risultati si raggiungono con strumenti e con
aiuti e di questi ha bisogno non meno l'intelletto che la mano. Come gli
strumenti amplificano e reggono il moto della mano, così gli strumenti
della mente guidano o trattengono l’intelletto[2]. III.
La scienza e la potenza umana coincidono perché
l'ignoranza della causa fa mancare l'effetto. La natura infatti non si
vince se non obbedendo ad essa, e ciò che nella teoria ha valore di
causa, nell'operazione ha valore di regola[3]. IV.
Riguardo alle opere l'uomo non ha altro potere che quello di avvicinare o
allontanare i corpi naturali: il resto è opera della natura, che opera
dall'interno[4]. V.
Sono
soliti occuparsi della natura, per quanto concerne le opere[5],
il meccanico, il matematico, il medico, l'alchimista e il mago; ma
tutti, allo stato attuale delle
cose, con lieve impegno e scarso successo. VI.
Sarebbe
pazzesco e in sé contraddittorio
credere che ciò che finora non è mai stato fatto, possa essere fatto
senza far ricorso a metodi non ancora mai tentati. […] XXXVI.
Ci resta
un solo e
semplice modo di esposizione: condurre gli uomini di fronte ai fatti
particolari, alle loro serie e ai loro ordini, in modo che essi, per un
qualche tempo, si
impongano
di rinunciare alle nozioni e comincino a familiarizzarsi con le cose
stesse[6].
[…] XXXVIII.
Gli idoli[7]
e le false nozioni che sono penetrati nell'intelletto umano fissandosi in
profondità dentro di esso, non solo assediano le menti in modo da rendere
difficile l'accesso alla verità, ma addirittura (una volta che questo
accesso sia dato e concesso) di nuovo risorgeranno e saranno causa di molestia
anche nella stessa instaurazione delle scienze[8]:
a meno che gli uomini, preavvertiti, non si agguerriscano per quanto è
possibile contro di essi. XXXIX.
Quattro
sono i generi di idoli che assediano la mente umana. Per farci intendere
abbiamo imposto loro dei nomi: chiameremo il primo genere idoli della tribù;
il
secondo idoli della spelonca; il terzo idoli
del foro; il quarto idoli
del teatro. […] XLI.
Gli idoli della tribù sono
fondati sulla stessa tribù o razza umana. Pertanto si
asserisce falsamente che il senso è la misura delle cose[9].
Al contrario, tutte le
percezioni, sia del senso sia della mente, derivano dall'analogia con
l'uomo, non dall'analogia con l'universo[10].
L'intelletto umano è simile a uno specchio che riflette irregolarmente i
raggi delle cose, che mescola la sua propria natura a quella delle cose e
le deforma e le travisa. XLII. Gli idoli
della spelonca sono
idoli dell'uomo in quanto individuo. Ciascuno infatti (oltre alle
aberrazioni proprie della natura umana in generale) ha una specie di
propria caverna o
spelonca
che rifrange e deforma la luce della natura[11]:
o a causa della natura propria e
singolare di ciascuno, o a causa dell'educazione e della conversazione con gli altri, o della lettura di libri e
dell'autorità di coloro che vengono onorati e ammirati, o a causa della
diversità delle impressioni a seconda che siano accolte da un animo già
condizionato e prevenuto oppure sgombro ed equilibrato. Cosicché lo
spirito umano (come si presenta nei singoli individui) è cosa varia e
grandemente mutevole e quasi soggetta al caso. Perciò giustamente affermò
Eraclito che gli uomini cercano le scienze nei loro piccoli mondi privati
e non nel più grande mondo a tutti comune. XLIII.
Vi sono poi gli idoli che derivano quasi da un contratto e dalle reciproche
relazioni del genere umano: li chiamiamo idoli del foro[12]
a causa del commercio e del consorzio degli uomini. Gli uomini
infatti si associano per mezzo dei discorsi, ma i nomi vengono imposti
secondo la comprensione del volgo e tale errata e inopportuna
imposizione ingombra straordinariamente l'intelletto[13].
D'altra parte le definizioni o le spiegazioni, delle quali gli uomini
dotti si sono provveduti e con le quali si sono protetti in certi casi,
non sono in alcun modo servite di rimedio. Anzi, le parole fanno violenza
all'intelletto e confondono ogni cosa e trascinano gli uomini a
innumerevoli e vane controversie e finzioni. XLIV. Vi sono infine gli idoli che sono penetrati nell'animo degli uomini dai vari sistemi filosofici e dalle errare leggi delle dimostrazioni. Li chiamiamo idoli del teatro perché consideriamo tutte le filosofie che sono state accolte e create come altrettante favole presentate sulla scena e recitate, che hanno prodotto inondi fittizi da palcoscenico. Non parliamo soltanto dei sistemi filosofici attuali o delle antiche filosofie e delle antiche sètte[14], perché è sempre possibile comporre e combinare molte altre favole dello stesso tipo: le cause di errori diversissimi possono essere infatti quasi comuni. Né abbiamo queste opinioni solo intorno ai sistemi filosofici, ma anche intorno a molti principi e assiomi delle scienze che sono invalsi per tradizione, credulità e trascuratezza. Ma di ognuna di queste specie di idoli bisognerà parlare più diffusamente e partitamente per mettere in guardia l'intelletto umano. |
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