Lieta
e chiusa contrada, ov'io m'involo
al
vulgo e meco vivo e meco albergo,
chi
mi t'invidia, or ch'i Gemelli a tergo
lasciando
scalda Febo il nostro polo?
Rade
volte in te sento ira né duolo,
né
gli occhi al ciel sì spesso e le voglie ergo,
né
tante carte altrove aduno e vergo,
per
levarmi talor, s'io posso, a volo.
Quanto
sia dolce un solitario stato
tu
m'insegnasti, e quanto aver
la mente
di
cure scarca e di sospetti sgombra.
O
cara selva e fiumicello amato,
cangiar
potess'io il mar e 'l lito ardente
con
le vostre fredd'acque e la verd'ombra.
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