«E lascia pur grattar dov'è la rogna»

Dante, Paradiso XVII, 106-142

Nei tre canti centrali del Paradiso Dante dà un lungo e intenso colloquio con Cacciaguida, l'antenato morto nella seconda crociata, incontrato nel cielo di tra gli spiriti combattenti per la fede. Dopo che Cacciaguida gli ha preannunciato i dolori e le amarezze dell'esilio, Dante gli chiede come si dovrà regolare quando tornerà sulla terra: rivelare a suo rischio le dure verità che ha appreso nel suo viaggio o tacerle per amore di pace?

 
 

 

«Ben veggio, padre mio, sì come sprona
lo tempo verso me, per colpo darmi
tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona;

per che di provedenza è buon ch'io m'armi,
sì che, se loco m'è tolto più caro,
io non perdessi li altri per miei carmi.

Giù per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi de la mia donna mi levaro,

e poscia per lo ciel, di lume in lume,
ho io appreso quel che s'io ridico,
a molti fia sapor di forte agrume;

e s'io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico».

La luce in che rideva il mio tesoro
ch'io trovai lì, si fé prima corusca,
quale a raggio di sole specchio d'oro;

indi rispuose: «Coscïenza fusca
o de la propria o de l'altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca.

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov' è la rogna.

Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascerà poi, quando sarà digesta.

Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d'onor poco argomento.

Però ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l'anime che son di fama note,

che l'animo di quel ch'ode, non posa
né ferma fede per essempro ch'aia
la sua radice incognita e ascosa,

né per altro argomento che non paia».  

   
 

In questi versi Dante presenta il suo impegno di poeta come una missione ardua e rischiosa, che lo metterà in conflitto con i potenti del suo tempo e lo esporrà al rischio di vagabondare senza rifugio per l'Italia, ma gli procurerà fama e onore presso i posteri. La testimonianza di giustizia e di verità che verrà dal suo poema favorirà quella profonda conversione dell'umanità che, come lo stesso Dante ha scritto nella lettera a Cangrande, dovrà «allontanare quelli che vivono questa vita dallo stato di miseria e condurli a uno stato di felicità».

Per perseguire questo scopo egli dovrà mettere da parte ogni calcolo di interesse personale, ogni timidezza, ogni paura, e affrontare con la sola forza della parola i potenti corrotti da cui deriva l'infelice condizione del mondo: Dio stesso ha proget­tato le tappe del suo viaggio nell'aldilà perché sulla terra possa risuonare il suo «grido» !v. 28), simile a quello degli antichi profeti.