La rocca della ragione

Petrarca, Epistulae metricae, III,11

Nell'inverno 1344-45 Petrarca si trovò chiuso a Parma assediata; in quell’occasione scrisse questa breve epistola in versi indirizzata all'amico umanista Guglielmo da Pastrengo

 
 

Sono preso da febbri violente, e la morte vicina

sospetto. Intanto la sentinella ostinata sull'alta torre

veglia, e tutta la notte borbotta con rauca voce.

Gridano sinistre le trombe; vola intorno l'orrore della guerra;

le ricche campagne sono spogliate da barbariche rapine

e il sangue innocente si sparge per i dolci campi.

Il povero volgo geme, muti stanno sulle soglie i vecchi,

e risuonano per le meste vie i lamenti delle donne.

Mentre ogni cosa mi opprimeva, nell'eccelsa rocca della ragione

mi sono rifugiato; lo confesso, volentieri lascio questi tempi.

Questo è finora lo stato del mio animo; se altro dire

non potrò, vinto dal morbo, per me parlerà l'errante fama.

 

 

 

 

Testo originale (esametri)

Febribus obsideor validis, mortemque propinquam

suspicor. Hec inter turri vigil improbus alta

excubat, et rauco pernox obmurmurat ore.

Classica dira fremunt; belli circumvolat horror;

ditia barbaricis vacuantur rura rapinis;

innocuusque cruor per dulcia funditur arva.

Vulgus inane gemit, taciti stant limine patres,

femineeque sonant per compita mesta querele.

Singula dum premerent, celsam rationis in arcem

evasi; fateorque, libens hec tempora linquo.

Hactenus hic animi status est michi; cetera morbo

si nequeam victis, pro me vaga fama loquetur.