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I
"luoghi"
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Analizzando le trame dei romanzi greci si può notare quanto
tendano a ripetersi determinate situazioni che divengono tòpoi, luoghi
comuni; tutte le opere, infatti, sono accomunate da uno schema narrativo
costante: una coppia di sposi o di innamorati è costretta a separarsi e, dopo
aver superato mille peripezie, riesce a ricongiungersi. Gli intrecci risultano,
dunque, prevedibili, probabile sintomo della grande richiesta da parte del
pubblico di quel tipo di narrazione e di personaggi. Non è dunque difficile
ritrovare all’interno dei vari romanzi determinati topoi. Si possono
raggiungere i singoli topoi cliccando su un link della seguente tabella,
che ne raccoglie i principali: |
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Tali topoi caratterizzano in modo più o meno marcato le trame di
alcuni romanzi, e precisamente:
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Vicende di Cherea e Calliroe di Caritone
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Storia Efesia di Antea e Abrocomo di Senofonte Efesio
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Storia vera di Luciano
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Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio
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Storia di Dafni e Cloe di Longo Sofista
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Storie etiopiche di Teagene e Cariclea di Eliodoro.
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BELLEZZA dei
protagonisti che fa innamorare al primo sguardo chiunque li incontri:
Vicende di Cherea e Calliroe: Dioniso s’innamora di Calliroe
Mitridate s’innamora di Calliroe
Farnace s’innamora di Calliroe
St. Ef. di Anzia ed Abrocomo: Manto s’innamora di Abrocomo
Perilao s’innamora di Anzia
Perilao, Psamis, Anchilao, Anfinomo, Polydos s’innamorano di Anzia
Leucippe e Clitofonte: Clitofonte, Carmide, Cherea, Sostene,
Tersandro s’innamorano di Leucippe
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INNAMORAMENTO A PRIMA VISTA:
Vicende di Cherea e Calliroe: i protagonisti s’innamorano a prima
vista
Leucippe e Clitofonte: i giovani s’innamorano a prima vista
St. ef. di Anzia ed Abrocomo; St. et. di Teagene e Cariclea:
stesso di prima
(In Caritone, Senofonte ed Eliodoro i protagonisti s’innamorano durante
una festa religiosa)
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MORTE APPARENTE o creduta:
Vicende di Cherea e Calliroe: Cherea, geloso, percuote duramente
Calliroe che, tramortita, viene creduta morta
viene riferito a Calliroe che Cherea sia morto
St. Ef. di Anzia ed Abrocomo: Anzia che ha preso un potente
sonnifero convinta
che fosse un veleno, per non sposare Perilao, viene creduta morta
Leucippe e Clitofonte: Clitofonte crede che Leucippe sia stata
decapitata
Clinia scompare durante un naufragio
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VIAGGI e, in generale, esotismo:
Vicende di Cherea e Calliroe: viaggio di Cherea alla ricerca della
sposa dopo aver trovato la sua tomba vuota
St. Ef. di Anzia ed Abrocomo: Abrocomo, liberato dai pirati,
viaggia in cerca della sposa
Anzia viene condotta da un ladrone ad Alessandria
Anzia giunge in Sicilia
Anzia e Abrocomo vanno verso Efeso
St. et. di Teagene e Cariclea: viaggio dei protagonisti che si
fanno passare per fratello e sorella
Leucippe e Clitofonte: i giovani fuggono in Egitto e poi a Tiro
Storia vera: tutta la trama si basa sui viaggi del protagonisti
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CULTI
ISIACI:
St. Et. di Teagene e Cariclea: i protagonisti vengono consacrati
sacerdoti di Iside ed Osiride nell'ultimo libro.
Metamorfosi: Lucio viene iniziato al culto di Iside nel libro XI.
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ESPOSIZIONE di un bambino o il
far credere il piccolo figlio di un altro:
Vicende di Cherea e Calliroe: Calliroe fa credere a Dioniso che il
figlio di Cherea sia
suo figlio, nato settimino
Storia di Dafni e Cloe: Lamone trova Dafni Driante trova Cloe
St. et. di Teagene e Cariclea: Cariclea viene esposta perché
bianca
L’esposizione è un topos molto frequente, sebbene non abbia
origini lontane come l'agnizione; la sua prima comparsa si ha nella
tragedia.
1) L’esposizione avviene solitamente a seguito di una violenza
subita da una donna, che per vergogna, o per povertà, non può riconoscere
e allevare il figlio.
2) Il bambino è sempre accompagnato da oggetti per due ragioni principali
che, però, non sempre si riescono a individuare:
a) perché la madre o il padre sono certi che morirà: sappiamo che era in
uso presso gli antichi seppellire i morti con oggetti che potessero
accompagnarli nell’aldilà.
b) perché la madre o il padre sperano nel suo ritrovamento.
3) A volte è presente un animale (pecora o capra) che protegge e allatta il
bambino.
4) Il piccolo è sempre trovato da qualcuno che ne diventa il genitore
adottivo; viene in seguito riconosciuto dai veri genitori (agnizione)
5) I fanciulli esposti sono spesso di nobili origini, destinati a compiere
qualcosa di grande.
1) Bibbia, libro dell’Esodo: una
donna ebrea abbandona alle acque del Nilo, in un cesto di papiro spalmato
con bitume e pece, il suo figlioletto di tre mesi, per ordine del faraone.
Il bimbo viene salvato dalla figlia del faraone che lo chiama Mosè.
2) Diodoro Siculo (90/20 a.C.): narrando il mito di Eracle, racconta anche
la sua esposizione: Eracle, figlio di Zeus e Alcmena, viene abbandonato da
quest’ultima in un antro sul monte Nisa, per paura della gelosia di Era;
viene poi trovato da Pallade Atena e da Era stessa che lo riportano ad
Alcmena.
3) Tito Livio, Ab urbe condita: nel I libro racconta
l’esposizione di Romolo e Remo: Rea Silvia, vestale figlia di Numitore,
unitasi a Marte, partorisce due gemelli che vengono abbandonati in una cesta
e lasciati alle acque del Tevere dal re Amulio. Sopravvivono grazie a una
lupa che li allatta e vengono trovati da Faustolo, capo pastore di Amulio.
4) Tyro (tragedia perduta) di Sofocle (496/406 a.C.): l’eroina fa
esporre i due gemelli Neleo e Pelia, figli suoi e di Poseidone. Più tardi
riconosciuti come propri figli, diventano re, l’uno di Pilo, l’altro
della Tessaglia.
5) Edipo re di Sofocle: Edipo viene esposto da Laio a causa di una
profezia che diceva che questi sarebbe stato ucciso dal figlio. Edipo viene
trovato e allevato da Polibo. L’esposizione viene raccontata, ma non è
centrale, infatti non sono elencati gli oggetti. Il riconoscimento infatti
non avviene per mezzo di quelli.
6) Ione (418/410 a.C.) di Euripide (485/407 a.C.): Creusa,
violentata da Apollo, espone il figlioletto Ione; ella lo pone in un cesto
con degli ornamenti che vengono descritti alla fine della tragedia, durante
il riconoscimento. Sono: delle fasce, una stoffa in cui è raffigurata una
Gorgone, un ciondolo a forma di serpente, una corona d’olivo. Creusa
abbandona il figlio perché muoia, ma Febo invia Ermes a prenderlo per
occuparsene egli stesso. Ione colonizzerà la Ionia d’Asia, da cui il nome
Alope (tragedia perduta): è trattata la contesa di oggetti di
riconoscimento di un fanciullo esposto.
7) Cocalo (perduta) di Aristofane (445/380 a.C.): è una delle
ultime commedie. Sappiamo che tratta della esposizione di un fanciullo in
seguito alla violenza arrecata a una giovane, e del conclusivo
riconoscimento.
8) Anassandride (operò tra il 375 e il 348 a.C.): autore della commedia di
mezzo. Dalle fonti sappiamo che le sue commedie erano caratterizzate da
intrighi amorosi con conseguenti esposizioni.
9) Arbitrato di Menandro (342/291): il piccolo è abbandonato da
Panfile (in seguito a una violenza subita da Carisio) insieme a doni,
definiti anche gnorìsmata(oggetti di riconoscimento); sono un
anello, una collana e altri oggetti d’oro. L’anello è fondamentale per
il riconoscimento.
Donna tosata: Pateco espone due gemelli, Glicera e Moschione, per
ragioni economiche.
10) Dafni e Cloe di Longo Sofista: Dafni è esposto da Dionisofane,
di famiglia nobile, perché questi credeva che la sua discendenza fosse
sufficientemente assicurata; è abbandonato coi seguenti oggetti che il
padre chiama ornamenti funerari: una mantellina di porpora con fibbia
d’oro, un pugnale dall’elsa d’avorio. Se ne prende cura una capra fino
al suo ritrovamento. Cloe è esposta da Megacle per motivi economici nella
grotta delle Ninfe perché sia adottata; con lei ci sono dei gnorìsmata:
una cuffietta ricamata d’oro, sandali dorati, cerchietti d’oro per
caviglie. Viena allattata da una pecora. In entrambi i casi i pastori sono
educati dagli animali a commiserare e ad amare i piccoli.
10) Le Etiopiche di Eliodoro di Emesa: Cariclea viene abbandonata
dalla regina degli Etiopi perché di pelle bianca, con una cinta su cui sono
scritti in caratteri etiopi i natali, con preziose vesti, monili, un anello
del re, il padre Idaspe. Il riconoscimento avviene dopo peripezie grazie
agli oggetti stessi.
L’esposizione di bambini illegittimi in Grecia era lecita, anche se non
frequente, come invece può sembrare dalla letteratura. In Sofocle non è
ancora topos, tanto che in Edipo re non c’è l’elenco e
la descrizione degli oggetti di riconoscimento; l’esposizione fu infatti
fonte di una riflessione generale sul destino dell’uomo. Nell’ultimo
Euripide e nella commedia, invece, diventa topos,
perché necessario a ciò che più importa agli autori: all’intreccio e al
meccanismo drammaturgico. Così l’esposizione confluirà nel romanzo
spesso come elemento originario delle peripezie dei protagonisti.
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AGNIZIONE
Il topos dell'agnizione
(riconoscimento finale) è uno dei più ricorrenti nel romanzo ellenistico.
Questo genere letterario, infatti, si costituisce di trame intricatissime e
imprevedibili, adatte ad accogliere tutto quanto possa aumentare l'effetto
sorpresa, come, per l'appunto, i riconoscimenti. Ad una prima lettura, essi
potrebbero passare quasi inosservati, confusi con le decine e di avventure,
peripezie, casi straordinari e mille altre invenzioni escogitate per
insaporire la narrazione. D'altra parte, però, si tratta di un topoV così
onnipresente nella produzione romanzesca (Cherea e Calliroe di
Caritone, Dafni e Cloe di Longo sofista, Leucippe e Clitofonte
di Achille Tazio, Etiopiche di Eliodoro), e tanto facilmente
rintracciabile nelle più famose opere della letteratura greca, da suscitare
un giustificato interesse. L'agnizione ricorre soprattutto nella
tragedia. Prendiamo, per esempio, le Coefore di Eschilo e le due Elettra
di Sofocle ed Euripide. Nella prima, il riconoscimento assume caratteri
stilizzati, ingenui: Elettra dopo molti anni riconosce Oreste da una ciocca
di capelli e da un'impronta sul terreno. In Sofocle è fondamentale non
tanto il riconoscimento in sé, ma il significato che esso assume: segna la
fine dell'angosciosa solitudine dell'eroina, che ora, con il fratello al suo
fianco, è pronta a realizzare la sua nemesi. Nell'Elettra di
Euripide si ha una rilettura razionale, sofistica, quasi parodistica del
modello eschileo: Elettra riconosce Oreste grazie ad un sigillo che egli
possiede dalla nascita. In cosa consiste, dunque, l'agnizione e perché ha trovato tanta fortuna da superare i secoli fino a
raggiungere il romanzo ellenistico? E' un topos, uno schema narrativo
ricorrente, che punta all'effetto sorpresa e che è capace di risolvere il
problema del protagonista e spesso condurre a scioglimento l'intrico
narrativo. A volte, nelle tragedie, rappresenta il culmine della vicenda,
come nel caso limite dell'Edipo Re di Sofocle in cui agnizione
e rovesciamento coincidono; nelle commedie e nei romanzi, invece,
esso è sempre l'elemento risolutivo finale: per il genere del romanzo
d'amore, ad esempio, è immancabile il ricongiungimento finale dei due
amanti, a lungo divisi dalla sorte avversa. Probabilmente sono stati proprio
il carattere risolutivo a sorpresa e l'estrema varietà di sfumature alle
quali può essere sottoposto (da quella patetica e commovente di Cariclea in
Eliodoro, a quella più lieve di Leucippe in Achille Tazio), a rendere il
riconoscimento tanto longevo.
Le prime testimonianze provengono dall'Odissea e
il poema ne costituisce l'archetipo letterario. Vi sono varie agnizioni,
ciascuna con una particolare caratteristica che la contraddistingue e che
l'ha resa modello per la tradizione posteriore. Ecco gli esempi più
rilevanti:
TELEMACO, Od. XVI, 172-215. E' un riconoscimento
"tradizionale": Odisseo si svela al figlio e questi dapprima lo
crede un dio, poi teme un inganno e, infine, abbraccia commosso il padre.
Sarà l'archetipo per la tragedia (Euripide), verrà ripreso da Menandro e
successivamente dallo stesso romanzo ellenistico.
ARGO, Od. XVII, 290-306 e 326-327. Il vecchio cane Argo riconosce
Odisseo mentre questi si reca al suo palazzo col porcaro Eumeo. E' una scena
unica, mai più ripresa in tutta la letteratura greca successiva. Dura un
istante, ma l'approccio emozionale è intensissimo. Non c'è parola né
guaito; la descrizione è minima, ridotta allo stretto necessario: prevale
lo scambio di sguardi tra cane e padrone, uno sguardo atteso dalla bestia
vent'anni.
EURICLEA, Od. XIX, 386-393 e 467-475. La nutrice Euriclea riconosce
il padrone dal segno di una ferita sulla gamba. E' forse l'archetipo del
riconoscimento attraverso un oggetto particolare, se si considera la
cicatrice di Odisseo un tratto distintivo della sua persona al pari di una
spilla o di un gioiello. Aristotele, nella Poetica, affermò che
fra i quattro tipi fondamentali di agnizione, quella attraverso
oggetti era il peggiore, perché troppo estrinseco (Poetica, XVI:
"La prima [delle varie specie di agnizione], che è la meno artistica e
della quale massimamente si valgono i poeti per loro difetto, ha luogo a
mezzo di segni: di questi, alcuni sono congeniti […]; altri sono
acquisiti, e tra essi alcuni li troviamo nel corpo, come le cicatrici, altri
fuori come le collane […]. Anche di questi ultimi segni è possibile
valerci con maggiore o minore effetto artistico: così Odisseo a mezzo della
cicatrice fu riconosciuto in una maniera dalla nutrice e in un altro diverso
dai porcari. Ora le agnizioni che si verificano mediante la fede riposta nei
segni riescono meno artistiche, e così tutte le altre che avvengono
analogamente; mentre altre, che si verificano in modo improvviso e
drammatico come nella scena omerica del bagno, riescono più
efficaci"). E', però, anche il metodo più diffuso nelle tragedie (Coefore
di Eschilo, Elettra di Sofocle, Elettra e Ione di
Euripide) e poi nelle commedie (Arbitrato e Donna tosata
di Menandro), ed è quindi naturale che in seguito passi direttamente al
romanzo ellenistico (Dafni e Cloe di Longo Sofista, Etiopiche
di Eliodoro)
PENELOPE, Od. XXIII, 190-209. La regina riconosce lo sposo perché
egli dà prova di conoscere il segreto del letto nuziale, intagliato in un
tronco d'olivo ancora verde. Come per quella di Telemaco, il riconoscimento
che vive Penelope sarà tra i più ripresi dalla commedia e dal romanzo, a
causa della richiesta di una prova per dimostrare la propria identità.
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Si possono ritrovare naturalmente anche
altri topoi che sono costanti in tutti i romanzi cioè quello della fedeltà
(in particolare si ricordi il giuramento di Dafni in II,39 o la fedeltà di
Anzia ed Abrocomo in Senofonte Efesio), i continui propositi di suicidio
(uno dei tanti esempi è il proposito di Antea per non sposare Perilao), la
presenza di riferimenti ai culti religiosi, in particolare ai culti
orientali, specialmente di Artemide e di Iside e Osiride (Senofonte, Eliodoro e
Apuleio), il fatto che i personaggi superino ogni barriera razziale (Teagene,
Senofonte Efesio). Costante nei romanzi è il cosmopolitismo, tratto tipico
della civiltà postalessandrina, che fu specifico portato della civiltà
ellenistica e che ebbe come veicolo la koinè diàlectos (la lingua
comune, cioè il greco).
Non si può, però, concludere il discorso senza segnalare
gli antecedenti letterari di alcuni dei topoi e delle trame dei romanzi,
almeno per quanto riguarda i collegamenti più evidenti. Sicuramente su tutti ha
avuto notevole influenza l’Odissea, per lo schema
separazione-peripezie-ricongiungimento-riconoscimento. Caritone arricchisce
tutta la sua opera con citazioni omeriche, Senofonte si ricollega alla tragedia
euripidea (la donna respinta che si vendica accusando l’uomo, come nella
Fedra; Abrocomo che disprezza Eros come Ippolito; il contadino che rispetta la
castità dalla donna, come nell’Elettra) e, più in generale, il tema
dell’esposizione e del riconoscimento viene ripreso dall’Edipo di
Sofocle e dal modello archetipico del riconoscimento, quello dell’Odissea.
Vale la pena, infine, di tracciare la linea evolutiva del
fenomeno della ricorrenza dei topoi.
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La presenza di situazioni topiche, schematiche,
riconoscibili si rintraccia già nella tragedia ed in particolare in
Euripide, che per primo riveste di umanità e quotidianità la saga mitica e
rilegge alcuni episodi mitici in chiave erotico/sentimentale.
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La schematicità delle situazioni drammaturgiche si
accentua nella commedia menandrea, ove si approfondisce l’indagine del
rapporto uomo/tyche.
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Il gusto del rassicurante ricorrere di situazioni simili
è più evidente nella prima fase del romanzo greco, con le opere di
Caritone e Senofonte Efesio, opere fondanti il genere nella sua forma più
schematica e stilizzata (cfr. Abrocomo e Anzia di Senofonte Efesio,
introduzione, per l’analisi dei topoi).
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I topoi si fanno più vari e presentano varianti
ingegnose e raffinate rispetto ai più ingenui modelli base nella seconda e
più complessa fase del romanzo greco (Achille Tazio, Eliodoro)
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I topoi sono evocati, citati e reinterpretati in
chiave derisoria e parodistica dalla linea più satirica e realistica del
romanzo antico, cioè dai latini Petronio ed Apuleio e dall’irridente
Luciano.
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