Il Dio di Pascal e dei giansenisti e il Dio di Manzoni |
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I Pensieri di Blaise Pascal è uno dei libri più letti e ammirati da Manzoni. Esso costituisce una delle espressioni più profonde del Giansenismo quale si affermò nel Seicento presso l'abbazia di Port-Royal. Si rifletta su questo passo, tolto dal frammento 335 dei Pensieri: «Gli uomini sono nelle tenebre e nella lontananza da Dio, che è nascosto alla loro coscienza... Egli non sarà colto che da quelli che lo cercano anzitutto nel cuore». Il Dio di Pascal, come quello di Manzoni, è un Dio "nascosto" che agisce in modi incomprensibili e che si può trovare solo guardando all'interno del proprio cuore, come accadrà all'Innominato. Secondo i giansenisti, s'incontra Dio, dunque, non agendo, tramite le opere, ma per intervento della Grazia divina che concede tale dono: da qui la tesi della predestinazione alla salvezza, condannata dalla Chiesa cattolica. Manzoni, sul piano dottrinario, resta indubbiamente fedele all'ortodossia cattolica; ma tracce dell'Influenza giansenistica persistono comunque nella sua formazione culturale e religiosa. |
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La Provvidenza nel romanzo: il conflitto delle interpretazioni |
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I Promessi Sposi sono stati definiti in passato l’epopea della Provvidenza da parte di Attilio Momigliano. Nel dopoguerra questa tesi è stata ripresa da Natalino Sapegno (che anche lui, nel 1952, definì i Promessi sposi come «romanzo della Provvidenza») e poi dalla critica cattolica e in particolare da Cesare Angelini, che nel suo Invito al Manzoni (La Scuola, Brescia 1960) scrive: «Il fatto più importante del mondo dei Promessi sposi è quello della Provvidenza. La gente che cammina qua dentro ne ha un sentimento vivo e risoluto, e nel lume di lei tutto si spiega e spiana. È il motivo che opera senza interruzione [...] e suscita, pur nei momenti più bui, una ridente speranza, una riposata fiducia. C'è sempre Qualcuno lassù che vede e provvede [.. ] È la solenne certezza su cui riposa la forza del libro; che prende perciò respiro ampio, movimento di poema» (p. 114). Questa posizione ottimistica, questa fede nella trasparenza della Provvidenza che si manifesta agli uomini e ne illumina la vita, non sono più condivise dalla critica attuale. Né il critico Ezio Raimondi, né Italo Calvino, accettano questa posizione. Essi puntano invece sul carattere aperto e problematico del romanzo, in cui il significato ultimo dell'esistenza, del bene e del male, non viene rivelato, ma resta sospeso ed enigmatico. A questo nuovo orientamento della critica concorrono sia la messa in rilievo di alcune componenti della cultura e dell'arte manzoniana prima trascurate (il pessimismo, la dimensione tragica della vita, l'elemento pascaliano), sia, come è inevitabile, la proiezione, nell'interpretazione dell’opera manzoniana, di esigenze e di problemi del mondo attuale, così privo di certezze e così angosciosamente problematico. |