HOME PAGE DI LUCIANO ZAPPELLA

 

L’EVOLUZIONE DELLE ISTITUZIONI DELL'ANTICA ATENE:

DAL PERIODO MONARCHICO ALL’ETÀ DI PERICLE

 

di Marcello Peracco, docente di Discipline giuridiche ed economiche

 

 

1. Il periodo antico: dalla monarchia alla repubblica aristocratica

Fino dall’VIII secolo a.C. Atene, città Stato (polis) dell’Attica, risultava suddivisa in 4 tribù di origine ionica, suddivise in varie associazioni:

a) le fratrìe, con funzioni amministrative, che avevano il compito di registrare i nuovi nati;

b) le stirpi, che comprendevano i membri di famiglie nobili (eupàtridi), costituite da proprietari terrieri e da guerrieri; essi erano gli unici che godevano dei diritti politici;

c) i thiasi, che comprendevano invece le famiglie di plebei, costituite dai demiurgi (i plebei più ricchi: professionisti, artigiani, artisti, commercianti) e dai geomori (i plebei più poveri: braccianti, piccoli proprietari; essi rischiavano di essere venduti come schiavi se non pagavano i tributi).

Nell’Attica antica vi erano altre città Stato oltre ad Atene. Poi, a seguito del processo di unificazione dell’Attica, tutti i cittadini di queste diventarono ateniesi.

Originariamente la forma di governo di Atene fu la monarchia. Il re (basilèus) aveva le seguenti funzioni:

a) comandava l’esercito;

b) era il giudice supremo;

c) era sacerdote in tempo di pace.

Egli era assistito dall’areopago (assemblea degli anziani), con funzioni di controllo e dotata di potere giudiziario in campo penale.

In seguito i poteri del re diminuirono sempre di più e i nobili (gli eupàtrìdi) ogni anno elessero 2 arconti. Uno di essi doveva occuparsi delle questioni della famiglia e della proprietà (arconte eponimo, in quanto dava il nome all’anno in cui restava in carica) e l’altro di comandare l’esercito al posto del re (arconte polemarco).

In seguito fu abolita la figura del re a vita ed al suo posto fu eletto annualmente un arconte re (arconte basilèus), con funzioni di giudice e di sacerdote. Si instaurò così una repubblica di carattere aristocratico (aristocrazia significa letteralmente governo dei migliori , o di coloro che sono considerati tali, in quanto appartenenti a famiglie nobili); gli arconti infatti erano sempre eletti dagli eupàtridi, e potevano essere eletti solo coloro che appartenevano a quella classe sociale.

Successivamente furono eletti ogni anno altri 6 arconti detti arconti tesmoteti: questi ultimi dovevano essere i custodi della legalità (una specie di Corte Costituzionale o di Corte suprema, si direbbe oggi), in quanto essi avevano la duplice funzione di impedire che venissero adottati provvedimenti illegali e di interpretare le norme esistenti a quell’epoca, di cui molte erano costituite da consuetudini, ossia da regole non scritte.

In tutto quindi gli arconti diventarono 9, coadiuvati da un segretario: terminato l’anno di carica essi diventavano membri dell’areopago, competenti a giudicare sui reati più gravi; per alcune cause relative a fatti meno gravi fu istituito invece il tribunale degli efeti, organo giudiziario presieduto dall’arconte re.

Tutti i cittadini ateniesi che potevano prestare servizio militare (inizialmente però solo se appartenevano a determinate etnie) facevano parte di un assemblea popolare detta ecclesìa dotata di poteri consultivi; essa poteva soltanto approvare o respingere le decisioni adottate dagli arconti, senza tuttavia apportarvi modifiche.

 

2. La codificazione operata da Dracone e la riforma del diritto penale.

Nel VII secolo a.C. Dracone operò la prima codificazione delle leggi ateniesi di cui si ha notizia.

Riordinò in particolare il diritto penale (621 a.C.), anche allo scopo di limitare le vendette private nei confronti degli omicidi. Introdusse delle pene molto severe, ma al tempo stesso elaborò alcune norme che si ispiravano a principi caratterizzanti tuttora il diritto penale moderno, quali la garanzia della legge scritta ed il principio per cui una persona non può essere condannata, se non dopo un regolare processo. Significative poi furono la distinzione tra omicidio volontario ed omicidio involontario (oggi si direbbe tra omicidio doloso e omicidio colposo), sanzionato con pene meno pesanti, e l esclusione della pena per coloro che uccidevano per legittima difesa.

 

3. Le riforme promosse da Solone. La repubblica timocratica

Solone fu nominato arconte eponimo nel 594 a.C. Era un aristocratico, ma si adoperò molto per alleviare le condizioni dei plebei indebitati. Tra le principali riforme ricordiamo:

- l’abolizione della schiavitù per debiti;

- il divieto delle ipoteche sulle terre da cui i debitori traevano sostentamento; il divieto aveva efficacia retroattiva, per cui furono restituite ai rispettivi proprietari le terre che essi avevano perduto per non aver pagato i propri debiti;

- il divieto dell’esportazione dei prodotti agricoli, per favorire le famiglie più povere;

- l’elaborazione di nuove norme in materia di diritto di famiglia e delle successioni, come pure nel campo del diritto penale;

- l’imposizione delle tasse e l’attribuzione di diritti politici (capacità elettiva e capacità di essere eletti alle cariche pubbliche) non più in base alla nascita (nobili o plebei), ma in base al censo, in particolare secondo il reddito agrario percepito dai cittadini: si introdusse quindi la cosiddetta timocrazia, ossia il governo di coloro che hanno le maggiori ricchezze o i maggiori redditi. A tal fine i cittadini risultarono suddivisi in 4 classi: a) i pentacosiomedimni che percepivano redditi superiori ai 500 medimni (unità di misura corrispondente a circa 50 litri) di cereali o un valore equivalente d olio o di vino; b) i cavalieri, con redditi compresi tra i 300 e i 500 medimni; c) gli zeugiti, con redditi al di sotto dei 300 e fino a 150 medimni; d) i teti, con redditi inferiori ai 150 medimni. Questi ultimi non potevano essere eletti a nessuna carica pubblica, ma al tempo stesso erano esenti anche da ogni imposizione tributaria e dall’obbligo del servizio militare ordinario: prestavano tale servizio solo in situazioni di particolare necessità. Potevano essere eletti arconti solo coloro che appartenevano alle prime 2 classi.

- la creazione di un assemblea ristretta detta bulè (anche se è controversa tra gli storici l’attribuzione a Solone di questa riforma), composta da 400 membri, i quali dovevano essere eletti ogni anno dall’ecclesìa tra coloro che appartenevano alle prime 3 classi. La bulè preparava argomenti da discutere e proposte da far votare nell’ecclesìa, i cui poteri nel frattempo erano aumentati.

- la creazione di un nuovo tribunale, l’eliea che inizialmente ebbe solo la funzione di corte d appello, ma che in seguito diventò il tribunale più importante, soprattutto in materia penale e fu strutturato in varie corti di giustizia; la caratteristica più innovativa di questo organo era la sua composizione: esso poteva essere costituito da cittadini di qualunque classe (ne potevano far parte quindi anche i teti), scelti a sorte dalla bulè tra tutti coloro che avevano compiuto i 30 anni d età (una specie di tribunale popolare quindi, di cui potevano far parte anche persone non esperte nella legge).

Si può osservare che con la riforma di Solone viene sancito il principio secondo cui gli appartenenti ad una classe, se riescono ad ottenere maggiori redditi dalle loro attività, possano passare liberamente ad una classe di livello superiore (la cosiddetta mobilità sociale verticale).

 

4. Il periodo della tirannide

La strada delle riforme legislative fu interrotta nel periodo successivo (560 510 a.C.), caratterizzato dalla tirannide di Pisistrato e, successivamente, dei suoi figli, Ippia ed Ipparco. Pisistrato infatti, dopo aver appoggiato le proteste dei ceti più poveri, ne approfittò per realizzare un regime autoritario, sebbene in realtà durante gli anni in cui governò Pisistrato il potere sia stato esercitato in maniera piuttosto equilibrata, nell’intento di favorire il più possibile gli interessi dei più deboli.

Nell’antica Grecia erano considerate tirannidi le forme di governo in cui il potere era concentrato su di una persona (tiranno) che a seguito di un atto di forza era riuscita ad imporsi su tutti, spesso grazie anche al sostegno iniziale del popolo.

I nobili tuttavia in seguito si allearono con Sparta e riuscirono a far cadere la tirannide (510 a.C.), gestita poi dispoticamente da Ippia, soprattutto dopo l uccisione di suo fratello Ipparco, e fu proclamata nuovamente la repubblica.

 

5. La riforma costituzionale di Clistene. La repubblica democratica

Caduta la tirannide i plebei individuarono un altro aristocratico, Clistene, disposto a sostenere i loro interessi, senza aspirare nel contempo a reintrodurre un regime tirannico.

Nel 508 a.C. Clistene si oppose alle pretese dei nobili ed introdusse un importante riforma del sistema politico (in questo senso si può parlare di riforma costituzionale: a questo proposito non dobbiamo pensare infatti ad una costituzione nel significato moderno del termine).

L’Attica fu divisa in oltre 100 demi, distretti territoriali per certi aspetti simili agli attuali comuni, dotati di autonomia amministrativa. Le vecchie associazioni (le fratrìe, le stirpi), anche se esistevano ancora, non avevano più rilevanza per lo Stato. Anche le registrazioni dei nuovi nati infatti si effettuavano in ciascun demo, come pure la riscossione delle imposte.

Vennero istituite poi 10 nuove tribù, ciascuna delle quali comprendeva molti demi, alcuni composti da abitanti della pianura (specialmente contadini e proprietari terrieri), altri da abitanti della montagna (i più poveri), altri da abitanti della costa (perlopiù commercianti). In ogni tribù le varie categorie di cittadini risultavano così mescolate in modo da formare un corpo popolare ed elettorale unitario, che potesse sostenere l interesse di tutta la comunità e non solo interessi territoriali locali o facenti capo alle grandi famiglie oppure a particolari categorie sociali.

Per ogni tribù, sulla base di candidature da esse proposte tra le categorie degli eleggibili, (pentacosiomedimni e cavalieri), veniva nominato annualmente un arconte (con estrazione a sorte, almeno a partire dal 487 a.C.). Tra tutti i componenti di ogni tribù (di sesso maschile) almeno trentenni, venivano inoltre estratti a sorte 50 membri della bulè, portando pertanto a 500 il numero complessivo dei membri di questa assemblea. I gruppi di 50 membri eletti da ciascuna tribù costituivano una specifica sezione del consiglio, che poteva prendere delle decisioni in casi di urgenza; nel corso dell’anno inoltre, ciascuno di questi gruppi, a rotazione, costituiva la cosiddetta pritanìa, che aveva il compito di organizzare e convocare le sedute della bulè.

Le competenze della bulè, le cui sedute erano pubbliche, all’epoca di Clistene aumentarono notevolmente: essa prendeva in considerazione e discuteva le proposte degli arconti, trattava delle principali questioni amministrative, finanziarie e militari ed elaborava proposte di legge da sottoporre all’ecclesìa.

Potevano partecipare all’ecclesìa gli uomini di tutte le tribù di almeno vent anni, senza più alcuna distinzione di classe (si stabilisce quindi la cosiddetta isonomia, l’uguaglianza della legge per tutti, almeno sul piano formale); essa veniva convocata dalla bulè non solo quando si dovevano approvare delle leggi, ma anche quando si dovevano adottare altre decisioni importanti, relative ad esempio alla politica estera (quali decidere se dichiarare o meno una guerra o se ratificare o meno un trattato internazionale). Alla ecclesìa spettava anche il compito di eleggere annualmente 10 strateghi, uno per ogni tribù, i comandanti militari dei vari reggimenti, che gradualmente sostituirono l arconte polemarco anche nella guida dell’intero esercito.

Per l’esercizio della funzione giudiziaria furono istituite inoltre 10 nuove corti di giustizia dell’eliea, il tribunale popolare.

Fu istituita infine una speciale assemblea popolare, che doveva essere composta da almeno 6000 cittadini, a cui era attribuito il potere di decidere l’allontanamento dalla polis per 10 anni delle persone sospettate di voler restaurare un regime tirannico, scrivendo il nome della persona sospetta su di un coccio (in greco ostracon, per cui tale procedura fu definita ostracismo).

Concludendo possiamo affermare che, a seguito della riforma di Clistene, il potere venne effettivamente esercitato dai cittadini che abitavano nei demi, ossia dal popolo (in greco dèmos significa appunto popolo), per cui con le riforme di Clistene ad Atene si realizzò una forma di democrazia, ossia un sistema caratterizzato dal ruolo centrale del popolo nell’esercizio del potere politico (secondo molti autori ciò avvenne per la prima volta nella storia), anche se il termine non può essere certo inteso nello stesso significato in cui noi lo intendiamo oggi. Infatti l uguaglianza e la possibilità di esercitare i diritti politici si riferivano solo ai cittadini maschi che abitavano nella polis, con esclusione delle donne e degli schiavi, che erano molto più numerosi degli uomini liberi. Alcuni autori hanno sostenuto anche che in questo periodo si sia determinata anche una sorta di separazione, sia pure non assoluta, dei tre poteri dello Stato, considerati fondamentali nell’età moderna (quello legislativo, spettante all’ecclesìa e alla bulè, quello esecutivo, spettante agli arconti e all’areopago e quello giudiziario, spettante in parte all’areopago ed in parte alle corti di giustizia dell’eliea).

 

6. Le riforme introdotte nell’età di Pericle.

Dopo un periodo di crisi, caratterizzato da varie guerre in cui Atene fu coinvolta, si ebbe un'altra riforma significativa su iniziativa di Efialte (461 a.C.), quando fu stabilito di ridurre le competenze dell’areopago alla sola funzione giudiziaria sui delitti di sangue e su quelli attinenti alla sfera religiosa e di trasferire le altre sue competenze alla bulè, all’ecclesìa ed al tribunale popolare, l’eliea. L’areopago infatti che nel frattempo aveva riacquistato parte delle vecchie prerogative, continuava ad esprimere gli interessi di chi avrebbe voluto reintrodurre un regime oligarchico (oligarchia significa governo di pochi), mentre la bulè era espressione del popolo.

Altre riforme importanti si ebbero negli anni in cui fu eletto stratego Pericle (460-430 a.C.), carica che a quell’epoca acquistò grande importanza, non solo sul piano militare, ma anche sul piano politico. Fu stabilito ad esempio che coloro che ricoprivano certe cariche pubbliche (es. le cariche di membro della bulè e di membro dell’eliea, il tribunale popolare, e forse anche gli arconti) dovessero ricevere un compenso (altrimenti i più poveri difficilmente accettavano di lasciare il proprio lavoro per andare a svolgere un attività non remunerata). In tal modo si favorì una sorta di uguaglianza sostanziale, si direbbe oggi, e non solo formale, tra i cittadini (l’isonomia già introdotta da Clistene). Nel 456 a.C. inoltre si stabilì che anche gli zeugiti potevano diventare arconti, ed in seguito tale possibilità fu concessa anche i teti; anche essi d altra parte nel contempo, così come le categorie più elevate, avrebbero dovuto potenziare l’esercito (in particolare la flotta).

All’epoca di Pericle la democrazia ateniese raggiunse così il massimo livello di sviluppo, come del resto anche la cultura e l’economia, cosicché molti stranieri si recavano ad Atene cercando di ottenere la cittadinanza della polis. Tuttavia per arginare questo fenomeno Pericle fece approvare una legge che prevedeva l attribuzione della cittadinanza ateniese solo a coloro che avevano entrambi i genitori ateniesi (in tal modo solo una piccola parte della popolazione conservò il diritti politici spettanti ai cittadini, compreso quello di partecipare all’ecclesìa).

 

 

 

© luciano zappella