L’EVOLUZIONE DELLE ISTITUZIONI DELL'ANTICA ATENE:
DAL PERIODO
MONARCHICO ALL’ETÀ DI PERICLE
di
Marcello Peracco, docente di Discipline giuridiche ed economiche
1. Il periodo
antico: dalla monarchia alla repubblica aristocratica
Fino dall’VIII secolo
a.C. Atene, città Stato (polis) dell’Attica, risultava suddivisa in 4 tribù di
origine ionica, suddivise in varie associazioni:
a) le fratrìe,
con funzioni amministrative, che avevano il compito di registrare i nuovi nati;
b) le stirpi,
che comprendevano i membri di famiglie nobili (eupàtridi), costituite da
proprietari terrieri e da guerrieri; essi erano gli unici che godevano dei
diritti politici;
c) i thiasi,
che comprendevano invece le famiglie di plebei, costituite dai
demiurgi (i plebei più ricchi: professionisti, artigiani, artisti,
commercianti) e dai geomori (i plebei più poveri: braccianti, piccoli
proprietari; essi rischiavano di essere venduti come schiavi se non pagavano i
tributi).
Nell’Attica antica vi
erano altre città Stato oltre ad Atene. Poi, a seguito del processo di
unificazione dell’Attica, tutti i cittadini di queste diventarono ateniesi.
Originariamente la
forma di governo di Atene fu la monarchia. Il re (basilèus) aveva
le seguenti funzioni:
a) comandava
l’esercito;
b) era il giudice
supremo;
c) era sacerdote in
tempo di pace.
Egli era assistito
dall’areopago (assemblea degli anziani), con funzioni di
controllo e dotata di potere giudiziario in campo penale.
In seguito i poteri del
re diminuirono sempre di più e i nobili (gli eupàtrìdi) ogni anno
elessero 2 arconti. Uno di essi doveva occuparsi delle questioni
della famiglia e della proprietà (arconte eponimo, in
quanto dava il nome all’anno in cui restava in carica) e l’altro di comandare
l’esercito al posto del re (arconte polemarco).
In seguito fu abolita
la figura del re a vita ed al suo posto fu eletto annualmente un arconte
re (arconte basilèus), con funzioni di giudice e di
sacerdote. Si instaurò così una repubblica di carattere aristocratico
(aristocrazia significa letteralmente governo dei migliori , o di coloro che
sono considerati tali, in quanto appartenenti a famiglie nobili); gli arconti
infatti erano sempre eletti dagli eupàtridi, e potevano essere eletti
solo coloro che appartenevano a quella classe sociale.
Successivamente furono
eletti ogni anno altri 6 arconti detti arconti tesmoteti: questi
ultimi dovevano essere i custodi della legalità (una specie di Corte
Costituzionale o di Corte suprema, si direbbe oggi), in quanto essi avevano la
duplice funzione di impedire che venissero adottati provvedimenti illegali e di
interpretare le norme esistenti a quell’epoca, di cui molte erano costituite da
consuetudini, ossia da regole non scritte.
In tutto quindi gli
arconti diventarono 9, coadiuvati da un segretario: terminato l’anno di carica
essi diventavano membri dell’areopago, competenti a giudicare sui reati più
gravi; per alcune cause relative a fatti meno gravi fu istituito invece il
tribunale degli efeti, organo giudiziario presieduto dall’arconte re.
Tutti i cittadini ateniesi che potevano prestare servizio militare (inizialmente
però solo se appartenevano a determinate etnie) facevano parte di un assemblea
popolare detta ecclesìa dotata di poteri consultivi; essa
poteva soltanto approvare o respingere le decisioni adottate dagli arconti,
senza tuttavia apportarvi modifiche.
2. La
codificazione operata da Dracone e la riforma del diritto penale.
Nel VII secolo a.C.
Dracone operò la prima codificazione delle leggi ateniesi di cui si ha
notizia.
Riordinò in particolare il diritto penale (621 a.C.), anche allo scopo di
limitare le vendette private nei confronti degli omicidi. Introdusse delle pene
molto severe, ma al tempo stesso elaborò alcune norme che si ispiravano a
principi caratterizzanti tuttora il diritto penale moderno, quali la garanzia
della legge scritta ed il principio per cui una persona non può essere
condannata, se non dopo un regolare processo. Significative poi furono la
distinzione tra omicidio volontario ed omicidio involontario (oggi si direbbe
tra omicidio doloso e omicidio colposo), sanzionato con pene meno pesanti, e l
esclusione della pena per coloro che uccidevano per legittima difesa.
3. Le riforme
promosse da Solone. La repubblica timocratica
Solone fu
nominato arconte eponimo nel 594 a.C. Era un aristocratico, ma si adoperò molto
per alleviare le condizioni dei plebei indebitati. Tra le principali riforme
ricordiamo:
- l’abolizione della
schiavitù per debiti;
- il divieto delle
ipoteche sulle terre da cui i debitori traevano sostentamento; il divieto aveva
efficacia retroattiva, per cui furono restituite ai rispettivi proprietari le
terre che essi avevano perduto per non aver pagato i propri debiti;
- il divieto
dell’esportazione dei prodotti agricoli, per favorire le famiglie più povere;
- l’elaborazione di
nuove norme in materia di diritto di famiglia e delle successioni, come pure nel
campo del diritto penale;
- l’imposizione delle
tasse e l’attribuzione di diritti politici (capacità elettiva e capacità di
essere eletti alle cariche pubbliche) non più in base alla nascita (nobili o
plebei), ma in base al censo, in particolare secondo il reddito agrario
percepito dai cittadini: si introdusse quindi la cosiddetta timocrazia,
ossia il governo di coloro che hanno le maggiori ricchezze o i maggiori redditi.
A tal fine i cittadini risultarono suddivisi in 4 classi: a) i
pentacosiomedimni che percepivano redditi superiori ai 500
medimni (unità di misura corrispondente a circa 50 litri) di cereali o un valore
equivalente d olio o di vino; b) i cavalieri, con redditi compresi
tra i 300 e i 500 medimni; c) gli zeugiti, con redditi al di sotto
dei 300 e fino a 150 medimni; d) i teti, con redditi inferiori ai
150 medimni. Questi ultimi non potevano essere eletti a nessuna carica pubblica,
ma al tempo stesso erano esenti anche da ogni imposizione tributaria e
dall’obbligo del servizio militare ordinario: prestavano tale servizio solo in
situazioni di particolare necessità. Potevano essere eletti arconti solo coloro
che appartenevano alle prime 2 classi.
- la creazione di un
assemblea ristretta detta bulè (anche se è controversa tra
gli storici l’attribuzione a Solone di questa riforma), composta da 400 membri,
i quali dovevano essere eletti ogni anno dall’ecclesìa tra coloro che
appartenevano alle prime 3 classi. La bulè preparava argomenti da discutere e
proposte da far votare nell’ecclesìa, i cui poteri nel frattempo erano
aumentati.
- la creazione di un
nuovo tribunale, l’eliea che inizialmente ebbe solo la
funzione di corte d appello, ma che in seguito diventò il tribunale più
importante, soprattutto in materia penale e fu strutturato in varie corti di
giustizia; la caratteristica più innovativa di questo organo era la sua
composizione: esso poteva essere costituito da cittadini di qualunque classe (ne
potevano far parte quindi anche i teti), scelti a sorte dalla bulè tra tutti
coloro che avevano compiuto i 30 anni d età (una specie di tribunale popolare
quindi, di cui potevano far parte anche persone non esperte nella legge).
Si
può osservare che con la riforma di Solone viene sancito il principio secondo
cui gli appartenenti ad una classe, se riescono ad ottenere maggiori redditi
dalle loro attività, possano passare liberamente ad una classe di livello
superiore (la cosiddetta mobilità sociale verticale).
4. Il periodo
della tirannide
La strada delle riforme
legislative fu interrotta nel periodo successivo (560 510 a.C.), caratterizzato
dalla tirannide di Pisistrato e, successivamente, dei suoi figli,
Ippia ed Ipparco. Pisistrato infatti, dopo aver appoggiato le
proteste dei ceti più poveri, ne approfittò per realizzare un regime
autoritario, sebbene in realtà durante gli anni in cui governò Pisistrato il
potere sia stato esercitato in maniera piuttosto equilibrata, nell’intento di
favorire il più possibile gli interessi dei più deboli.
Nell’antica Grecia
erano considerate tirannidi le forme di governo in cui il potere era concentrato
su di una persona (tiranno) che a seguito di un atto di forza era riuscita ad
imporsi su tutti, spesso grazie anche al sostegno iniziale del popolo.
I
nobili tuttavia in seguito si allearono con Sparta e riuscirono a far cadere la
tirannide (510 a.C.), gestita poi dispoticamente da Ippia, soprattutto dopo l
uccisione di suo fratello Ipparco, e fu proclamata nuovamente la repubblica.
5. La riforma
costituzionale di Clistene. La repubblica democratica
Caduta la tirannide i
plebei individuarono un altro aristocratico, Clistene, disposto a
sostenere i loro interessi, senza aspirare nel contempo a reintrodurre un regime
tirannico.
Nel 508 a.C. Clistene
si oppose alle pretese dei nobili ed introdusse un importante riforma del
sistema politico (in questo senso si può parlare di riforma costituzionale: a
questo proposito non dobbiamo pensare infatti ad una costituzione nel
significato moderno del termine).
L’Attica fu divisa in
oltre 100 demi, distretti territoriali per certi aspetti simili
agli attuali comuni, dotati di autonomia amministrativa. Le vecchie associazioni
(le fratrìe, le stirpi), anche se esistevano ancora, non avevano più rilevanza
per lo Stato. Anche le registrazioni dei nuovi nati infatti si effettuavano in
ciascun demo, come pure la riscossione delle imposte.
Vennero istituite poi
10 nuove tribù, ciascuna delle quali comprendeva molti demi,
alcuni composti da abitanti della pianura (specialmente contadini e
proprietari terrieri), altri da abitanti della montagna (i più poveri), altri da
abitanti della costa (perlopiù commercianti). In ogni tribù le varie categorie
di cittadini risultavano così mescolate in modo da formare un corpo popolare ed
elettorale unitario, che potesse sostenere l interesse di tutta la comunità e
non solo interessi territoriali locali o facenti capo alle grandi famiglie
oppure a particolari categorie sociali.
Per ogni tribù, sulla
base di candidature da esse proposte tra le categorie degli eleggibili,
(pentacosiomedimni e cavalieri), veniva nominato annualmente un arconte (con
estrazione a sorte, almeno a partire dal 487 a.C.). Tra tutti i componenti di
ogni tribù (di sesso maschile) almeno trentenni, venivano inoltre estratti a
sorte 50 membri della bulè, portando pertanto a 500 il numero complessivo dei
membri di questa assemblea. I gruppi di 50 membri eletti da ciascuna tribù
costituivano una specifica sezione del consiglio, che poteva prendere delle
decisioni in casi di urgenza; nel corso dell’anno inoltre, ciascuno di questi
gruppi, a rotazione, costituiva la cosiddetta pritanìa, che aveva il
compito di organizzare e convocare le sedute della bulè.
Le competenze della
bulè, le cui sedute erano pubbliche, all’epoca di Clistene aumentarono
notevolmente: essa prendeva in considerazione e discuteva le proposte degli
arconti, trattava delle principali questioni amministrative, finanziarie e
militari ed elaborava proposte di legge da sottoporre all’ecclesìa.
Potevano partecipare
all’ecclesìa gli uomini di tutte le tribù di almeno vent anni, senza più alcuna
distinzione di classe (si stabilisce quindi la cosiddetta isonomia,
l’uguaglianza della legge per tutti, almeno sul piano formale); essa
veniva convocata dalla bulè non solo quando si dovevano approvare
delle leggi, ma anche quando si dovevano adottare altre decisioni
importanti, relative ad esempio alla politica estera (quali decidere se
dichiarare o meno una guerra o se ratificare o meno un trattato internazionale).
Alla ecclesìa spettava anche il compito di eleggere annualmente 10
strateghi, uno per ogni tribù, i comandanti militari dei vari
reggimenti, che gradualmente sostituirono l arconte polemarco anche nella guida
dell’intero esercito.
Per l’esercizio della
funzione giudiziaria furono istituite inoltre 10 nuove corti di giustizia
dell’eliea, il tribunale popolare.
Fu istituita infine
una speciale assemblea popolare, che doveva essere composta da almeno 6000
cittadini, a cui era attribuito il potere di decidere l’allontanamento
dalla polis per 10 anni delle persone sospettate di voler restaurare un regime
tirannico, scrivendo il nome della persona sospetta su di un coccio (in greco
ostracon, per cui tale procedura fu definita ostracismo).
Concludendo possiamo
affermare che, a seguito della riforma di Clistene, il potere venne
effettivamente esercitato dai cittadini che abitavano nei demi, ossia dal popolo
(in greco dèmos significa appunto popolo), per cui con le riforme di
Clistene ad Atene si realizzò una forma di democrazia, ossia un sistema
caratterizzato dal ruolo centrale del popolo nell’esercizio del potere politico
(secondo molti autori ciò avvenne per la prima volta nella storia), anche se il
termine non può essere certo inteso nello stesso significato in cui noi lo
intendiamo oggi. Infatti l uguaglianza e la possibilità di esercitare i diritti
politici si riferivano solo ai cittadini maschi che abitavano nella polis, con
esclusione delle donne e degli schiavi, che erano molto più numerosi degli
uomini liberi. Alcuni autori hanno sostenuto anche che in questo periodo si sia
determinata anche una sorta di separazione, sia pure non assoluta, dei tre
poteri dello Stato, considerati fondamentali nell’età moderna (quello
legislativo, spettante all’ecclesìa e alla bulè, quello esecutivo, spettante
agli arconti e all’areopago e quello giudiziario, spettante in parte
all’areopago ed in parte alle corti di giustizia dell’eliea).
6. Le riforme
introdotte nell’età di Pericle.
Dopo un periodo di
crisi, caratterizzato da varie guerre in cui Atene fu coinvolta, si ebbe
un'altra riforma significativa su iniziativa di Efialte (461 a.C.),
quando fu stabilito di ridurre le competenze dell’areopago alla sola funzione
giudiziaria sui delitti di sangue e su quelli attinenti alla sfera religiosa e
di trasferire le altre sue competenze alla bulè, all’ecclesìa ed al tribunale
popolare, l’eliea. L’areopago infatti che nel frattempo aveva riacquistato parte
delle vecchie prerogative, continuava ad esprimere gli interessi di chi avrebbe
voluto reintrodurre un regime oligarchico (oligarchia significa governo
di pochi), mentre la bulè era espressione del popolo.
Altre riforme
importanti si ebbero negli anni in cui fu eletto stratego Pericle
(460-430 a.C.), carica che a quell’epoca acquistò grande importanza, non solo
sul piano militare, ma anche sul piano politico. Fu stabilito ad esempio che
coloro che ricoprivano certe cariche pubbliche (es. le cariche di membro della
bulè e di membro dell’eliea, il tribunale popolare, e forse anche gli arconti)
dovessero ricevere un compenso (altrimenti i più poveri difficilmente
accettavano di lasciare il proprio lavoro per andare a svolgere un attività non
remunerata). In tal modo si favorì una sorta di uguaglianza sostanziale, si
direbbe oggi, e non solo formale, tra i cittadini (l’isonomia già introdotta da
Clistene). Nel 456 a.C. inoltre si stabilì che anche gli zeugiti potevano
diventare arconti, ed in seguito tale possibilità fu concessa anche i teti;
anche essi d altra parte nel contempo, così come le categorie più elevate,
avrebbero dovuto potenziare l’esercito (in particolare la flotta).
All’epoca di Pericle la
democrazia ateniese raggiunse così il massimo livello di sviluppo, come del
resto anche la cultura e l’economia, cosicché molti stranieri si recavano ad
Atene cercando di ottenere la cittadinanza della polis. Tuttavia per arginare
questo fenomeno Pericle fece approvare una legge che prevedeva l attribuzione
della cittadinanza ateniese solo a coloro che avevano entrambi i genitori
ateniesi (in tal modo solo una piccola parte della popolazione conservò il
diritti politici spettanti ai cittadini, compreso quello di partecipare all’ecclesìa).