The Canterbury Tales: un viaggio dalla “città terrena” alla “città celeste”

Influssi stranieri nella struttura dei Canterbury Tales

Chaucer inizia la stesura dei Racconti di Canterbury nel 1387 e la prosegue fino alla morte. Solo nel 1475 esce la prima edizione dell'opera, a cura di William Caxton. Da allora i Racconti sono stati tradotti in tutte le lingue, riscritti in prosa, adattati per il teatro e trasposti in film. Nei 17.000 versi che costituiscono la raccolta è evidente l'influenza del Decameron di Boccaccio, nel piano generale dell'opera e nell’uso della “cornice” che racchiude i racconti (anche se non c'è certezza sul fatto che Chaucer ne avesse una diretta conoscenza), delle Novelle di Giovanni Sercambi e del Pecorone di Giovanni Fiorentino, così come di elementi della tradizione cortese francese e di quella popolare inglese.

Il disegno narrativo: l'incontro dei pellegrini e la proposta dell'oste

Un gruppo di 29 pellegrini si incontra alla Locanda del Tabarro a Southwark, un sobborgo a sud di Londra, punto di partenza del loro pellegrinaggio a Canterbury, nella cui cattedrale si trova la tomba di Thomas Beckett. Chaucer stesso, che ha trascorso la notte nella locanda, prosegue il viaggio con i nuovi arrivati. Come spiega il Prologo Generale, l'oste Harry Bailey decide a sua volta di unirsi ai pellegrini e suggerisce che, per ingannare il tempo, ognuno di loro narri due racconti all'andata e due al ritorno, e che il miglior narratore venga premiato con una cena festosa nella sua locanda. Il piano generale non viene però portato a compimento: solo 24 pellegrini narrano una storia, mentre il poeta, nel doppio ruolo di pellegrino e cronista di ciò che vede e che sente, ne racconta due. I racconti sono intervallati da prologhi ed epiloghi.

Una vivace galleria di ritratti individuali

I pellegrini, nominalmente divisi nelle categorie feudali della cavalleria, del clero e del popolo, ma accomunati dall'esperienza del viaggio religioso, vengono descritti con felice tratto pittorico. Non sono soltanto tipici esponenti della loro classe sociale, ma individui con una propria personalità, spesso contraddittoria, che si riflette nel modo di vestire e di narrare (la spilla della Madre Priora con la scritta Amor vincit omnia e il "nodo d'amore" del Monaco mettono in evidenza aspetti del loro carattere meglio di qualsiasi considerazione di ordine psicologico). Anche i racconti sono un completamento dei vari ritratti, in quanto espressione del temperamento e dei pregiudizi di classe dei singoli pellegrini.

Un pèlerinage de la vie humaine

Al semplice schema descritto sopra, Chaucer sa infondere un carattere pluridimen­sionale. Se da un lato accoglie con simpatia, nella sua galleria di personaggi della società del tempo, ogni tipo sociale e carattere psicologico, dall'altro non esclude una grande concezione ideale, costituita dal motivo religioso del pellegrinaggio a Canterbury. La cronaca di viaggio di Chaucer non aspira certo alla visione ultraterrena di  Dante nella Commedia, ma non si ferma neppure alla semplice descrizione realistica e dettagliata del pellegrinaggio e dei suoi attori.

Un'antologia di generi letterari e stili medievali

La molteplicità di aspetti e di caratteri che troviamo nella descrizione dei pellegrini si ripropone anche nella varietà degli stili utilizzati nei racconti: dal grottesco al reali­stico, dal mitologico al magico, dal didascalico (proprio della trattatistica morale e religiosa) al fantastico. La maggior parte dei racconti sono scritti in decasillabi a rima baciata; alcuni racconti sono in prosa (quello di Melibeo, narrato dallo stesso Chaucer, e quello del Parroco). Grazie all'elasticità del metro, la narrazione procede con la fluidità del racconto in prosa.

Le mille facce dell'amore

L'uso di stili diversi rimanda allo sviluppo di temi diversi, che si possono raggruppare in tre categorie principali: l'esotismo (presente ad esempio nel racconto del Cavaliere), la spiritualità (il racconto di Melibeo tra gli altri), la quotidianità (il racconto del Mercante). All'interno di queste categorie generali la tematica prevalente è l'amore, insieme a quelle del matrimonio, della fede e della religione. La visione del mondo -che si può cogliere significativamente nel tema del matrimonio- è quella tipica di un cattolico del tempo. Critico nei confronti della lascivia e della promiscuità, Chaucer rivela tuttavia una sana ed umana sensualità. Al lettore viene presentata una galleria di ritratti femminili riconducibili ad una società complessa e in via di trasformazione, dove coesistono donne idealizzate e oggetto di “amor cortese” come Dorigene (la protagonista del racconto del Cavaliere), donne vittime dei loro mariti come Griselda, e simpatiche e volitive chiacchierone come la Comare di Bath. Esempi antitetici di modi di concepire l'amore vengono esplicitamente messi in relazione, come accade per la figura della Priora, immagine di amore sterile e sublimato che contrasta con quella della Comare di Bath, incarnazione di un amore gioiosamente sensuale.

L'avventura di una nuova lingua letteraria

Con i Canterbury Tales Chaucer ha il merito di dare dignità alla lingua inglese, che diventa lingua letteraria, dopo un periodo di prevalenza del francese. La sfida linguistica di Chaucer è, in questo senso, analoga a quella di Dante, e viene allo stesso modo vinta: chi scrive in Inghilterra dopo Chaucer dovrà usare l'idioma del “padre della lingua inglese”.

La fortuna dei Canterbury Tales

Già alla fine del Trecento la fama di Chaucer è consolidata in patria e all'estero. In Francia, il poeta Eustace Deschamps lo definisce l'Ovidio della lingua inglese; in Inghilterra, John Gower lo definisce poeta d'amore, mentre Hoccleve e Lydgate ne esaltano lo stile. Nel 1484 Caxton, il curatore della prima edizione a stampa dei Canterbury Tales, gli riconosce il merito di aver trasformato la lingua inglese,  prima rozza ed informe, in lingua letteraria. Nel Rinascimento, Chaucer è definito l’”Omero inglese”. Lo conosce bene William Shakespeare, che lo ricorda nell’episodio iniziale del Sogno di una notte di mezza estate (tratto, a quanto pare, dal racconto del Cavaliere) e nel Troilo e Criseide. In Apologia della poesia (1595), Philip Sidney sostiene che Chaucer in Inghilterra, come Dante, Petrarca e Boccaccio in Italia, è il primo interprete in sede letteraria del sapere e dello spirito della sua nazione. Il poeta e drammaturgo seicentesco John Dryden è colpito dalla grande capacità di rappresentazione realistica di Chaucer (che sa descrivere tutte le maniere e gli umori del suo paese ai suoi dì). La stessa abilità gli è riconosciuta, in età romantica, da William Blake, che è affascinato soprattutto dai suoi tipi umani universali (Se Newton classificò le stelle, Linneo le piante, Chaucer classificò le tipologie dell'uomo), e dal poeta e critico William Hazlitt, che rileva nelle descrizioni chauceriane un che di tattile che le rende simili a sculture. In età vittoriana la poesia di Chaucer ha tra i suoi estimatori il critico e poeta Matthew Arnold, che esalta la visione chauceriana della vita ampia libera, semplice, nitida eppure gentile, così lontana dall'astrattezza dei poeti romanzi.

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