Le immagini negative dell'altro in quanto "musulmano" |
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La
storia del dialogo tra cristiani e musulmani è stato un lungo susseguirsi
di scontri politici, culturali e religiosi, in cui le dispute polemiche
hanno generato malintesi e pregiudizi che si sono rafforzati con passare
del tempo. Quali
sono i pregiudizi che popolano l’immaginario collettivo a proposito dei
musulmani? Provo ad accennarne alcuni tra i più comuni, sia nella storia
che nell’attualità. Anzitutto,
per l’Europa e in particolare per l’Italia funziona ancora un
"corto circuito", che identifica il musulmano con l’arabo o
con il turco, mescolando categorie etniche con categorie religiose.
Abbiamo già visto che questo assunto è vero solo in parte, anche se gli
Arabi e i Turchi sono i popoli a maggioranza musulmana che circondano il
mar Mediterraneo. E tuttavia per i "musulmani" funzionano ancora
gli stereotipi che degli Arabi ci hanno lasciato gli antichi scrittori
latini: molles, effeminati, lascivi, dalla sensualità sfrenata. E
parallelamente crudeli, infidi, pigri, incuranti della parola data,
voltagabbana, pronti a cambiare bandiera non appena il vento giri. La
storia ci ha lasciato una caterva di esempi che mostrano esattamente il
contrario. Il Corano invita, d’altra parte, a essere fedeli alle
alleanze e accusa i non musulmani esattamente della stessa cosa che i
cristiani addebitano ai musulmani. Resta per l’appunto una tradizione
cavalleresca cristiana parallela che attribuisce una qualifica di lealtà
ai musulmani e di slealtà ai cristiani. Passerà alla storia la
recriminazione del Papa Pio II Enea Silvio Piccolomini, che suona come una
terribile accusa ai principi cristiani di essere sleali e attenti
solamente ai loro interessi e non alle sorti della cristianità. E
parallelamente la sua lode nei confronti dei sultani musulmani, fedeli
alle loro consegne. Forse non sarebbe male passare da una anonima accusa
generica a rapporti più stretti con le singole persone: ci si
accorgerebbe immediatamente che gli stereotipi cadono da soli. Un
secondo "corto circuito" è quello che identifica i musulmani
con i "fondamentalisti". A parte il fatto che la terminologia
stessa è nata in ambiente cristiano per qualificare gruppi di cristiani,
non dimentichiamo che il fenomeno del fondamentalismo islamico è molto
recente e amplificato dai mezzi di comunicazione. I corrispondenti dai
paesi musulmani hanno preso l’abitudine di semplificare paurosamente i
movimenti musulmani, facendo corrispondere le qualifiche
all’atteggiamento dimostrato superficialmente nei confronti della
cosiddetta civiltà occidentale. Le notizie che arrivano dal tanto
demonizzato Iran sciita proprio in questi giorni stanno dimostrando che il
processo in atto in quel paese è molto più significativo e aperto alla
libertà e alla democrazia della "moderata" Arabia Saudita. I
movimenti cosiddetti "fondamentalisti" o "integristi"
o "integralisti" nella loro espressione violenta, armata e
terroristica presentano una realtà, certamente, ma raggruppano di fatto
una minoranza ristretta della popolazione musulmana. Tale
minoranza, che ha caratteristiche di indottrinamento e di organizzazione
ferrea e strutturata, riceve spesso legittimazione proprio
dall’enfatizzazione che ne fanno i mezzi di comunicazione. Essa
rappresenta un momento dialettico e senz’altro pericoloso nei paesi
musulmani, che stanno cercando faticosamente di trovare una loro via
autonoma di presenza nel mondo e una loro visibilità sullo scacchiere
internazionale. L’adesione che ricevono talora dalla popolazione locale
è spesso fondata sull’ignoranza e sull’unica reazione possibile a
governi corrotti e despoti. L’Algeria insegna. Molti di questi
movimenti, inoltre, non sono diretti contro l’esterno, ma contro la
corruzione e il "paganesimo" interno. La cautela è d’obbligo
anche nell’attuale situazione degli immigrati musulmani in Italia. Lungo
i secoli l’accusa reciproca che musulmani e cristiani si sono lanciati
è stata quella di "infedeltà", se non direttamente di
"paganesimo". La prima accusa ha basi coraniche e si fonda
sull’accusa ai cristiani di "associare" altri a Dio e di aver
dato a Dio un figlio. Credo che nell’immaginario musulmano questo
pregiudizio rischi di essere invincibile, almeno finché non si cominci a
leggere il Corano stesso e gli scritti cristiani con occhio diverso. Ma
tale atteggiamento si scontra con l’altro presupposto coranico, che le
Scritture dei cristiani sono state irrimediabilmente corrotte per
ignoranza o malafede. Un hadîth
racconta che un giorno ‘Umar stava leggendo una pagina delle Scritture
degli ebrei. Muhammad lo sorprese e lo rimproverò aspramente, dicendogli
che quello che di vero era scritto in quelle pagine lo avrebbe trovato nel
Corano e che altrimenti avrebbe perso il suo tempo o ne avrebbe avuto
pregiudizio la sua fede. Credo pertanto che non resti che accettare la
differenza. Da parte cristiana l’accusa di infedeltà può sottostare
alla strana ma diffusissima percezione dell’Islam come eresia cristiana.
Già S. Giovanni Damasceno, che abitava a Gerusalemme ed era figlio di un
amministratore cristiano della Siria al tempo degli Omayyadi, sosteneva
questa tesi: l’Islam nasce dalla corruzione del messaggio cristiano
simile a quella di Ario. Questa tesi ha avuto grande fortuna lungo tutta
la storia dei travagliati rapporti tra Cristianesimo e Islam. Basti
pensare alla Divina Commedia dantesca, in cui Muhammad è catalogato,
naturalmente, all’inferno tra gli eresiarchi. Ma talora rispunta anche
in alcuni scritti moderni e contemporanei, là dove si ha il coraggio, ma
non la pazienza, di confrontare il Corano e la Sunna con la tradizione
ebraico-cristiana precedente, per trovare le radici comuni e i rami
divergenti. Forse, al di sotto di tale presupposto, c’è la difficoltà
ad ammettere una nuova religione dopo il Cristianesimo, per noi un
messaggio assolutamente inarrivabile. Sotto
il pregiudizio reciproco di "paganesimo", che non è coranico,
nei confronti dei cristiani, ci sono altri pregiudizi. Modernamente è
soprattutto la percezione da parte di tanti musulmani che la morale
cristiana, presentata soprattutto dalla televisione, sia caratterizzata da
un’intollerabile rilassatezza dei costumi, soprattutto sessuali. In
altri termini avviene in questo senso in campo musulmano il medesimo
"corto circuito" di cui abbiamo parlato precedentemente: la
modernità, con tutti i suoi aspetti negativi, viene identificata in
blocco con la cristianità. Da parte cristiana il processo di "paganizzazione"
dell’Islam è più elaborato ma non meno significativo. Esso nasce
soprattutto nell’epica medievale, parallelamente all’individuazione
della religione di Muhammad come prodotto del diavolo. «L’etica
"pagana" era immaginata come il rovesciamento di quella
cristiana, specie per quanto riguardava i piaceri carnali: si diceva che i
saraceni erano tenuti dal loro credo a ogni sorta di abuso e di libidine a
causa dei pessimi costumi del fondatore della loro dottrina, il quale –
per fuggire alla vergogna – li aveva resi obbligatori trasferendoli
nella sua legge. Ai primi del Duecento Giacomo di Vitry giungeva a
sostenere che i saraceni più colti e intelligenti, buoni conoscitori
delle Scritture cristiane, si sarebbero senz’altro convertiti se non
fossero stati trattenuti nell’osservanza islamica dalla permissività
sessuale voluta da Maometto. Pareri di questo genere furono riassunti e
sanciti con autorevolezza da Tommaso d’Aquino, secondo il quale il
Profeta avrebbe adescato i suoi fedeli con la promessa di sfrenati piaceri
carnali e avrebbe concesso loro una legge che rendeva lecito qualunque
atto di libidine» (F. Cardini, Europa e Islam. Storia di un malinteso, Laterza 1999, 120-121). Sarà
dunque lo stesso Dottore Angelico ad affermare, nel suo trattatelo De
rationibus fidei contra Saracenos, Graecos et Armenos, che l’Islam
è una deformazione della verità; è una religione della violenza e della
guerra; è fondato sulla licenza sessuale e Muhammad è un falso profeta
(Cardini, Europa, 133).
L’autorità di Tommaso rimarrà a lungo l’unica percezione
dell’Islam negli studi di teologia. Come si vede, diversi piani si
fondono in questa panoramica, mescolando percezioni legittime per un
cristiano (che non può accettare come profeta autentico del proprio Dio
Muhammad) con percezioni assolutamente falsate della religione in sé,
derivanti da generalizzazioni di casi specifici e adatte per la
controversistica. Dal canto suo, la riforma protestante non fu da meno
nella qualifica dell’Islam. Lutero nel 1542 qualifica il Corano come
"libro maledetto, infame, disperato… pieno di menzogne, favole e di
ogni abominio". Accanto
alla questione, ancora di moda, che presenta l’Islam come la religione
del piacere sessuale sfrenato ed egoista, prerogativa solamente del
maschio, resta da sfatare il pregiudizio che le mutilazioni sessuali
praticate sulle donne africane sia derivato dall’Islam. Esse sono in
realtà retaggi preislamico e precristiani propri di alcune tribù
dell’Africa soprattutto centro orientale. Tali mutilazioni sono
praticate correntemente anche da e su donne cristiane. Più complesso è
il discorso del velo, che ha base coranica, ma ha differenti
interpretazioni da parte degli stessi musulmani (cf. Corano XXX,59). |
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