L'islam in alcuni testi medievali

Su Muhammad in particolare fiorirono, come ben si sa, già nell’alto Medioevo, leggende e favole che resero la vita del Profeta, stando a quello che racconta Guiberto di Noget (1052-1124), dominio della plebe e materia di popolare racconto. Fu talora rappresentato come monaco ipocrita che avrebbe voluto diventare patriarca di Gerusalemme, come racconta il Deberto arcivescovo di Tours (1055-1133), talaltro mago, pseudoprofeta e capo di ladroni e, per praticare i suoi inganni, era istruito da un certo monaco apostata, a volte detto Sergio e a volte Niccolò, come ci deliziano cronisti e scrittori, da Guiberto a Jacopo da Varagine (1230-1298).

Ricoldo da Montecroce (m.1320), che viaggiò in Palestina e studiò -così asserisce il Corano- considera anch’egli come ispiratore di Muhammad nientemeno che il diavolo invidioso delle vittorie di Eraclio, ma non esclude che avesse collaboratori fra il genere umano. Invero, dice il frate, poiché Muhammad era illetterato, il diavolo gli diede alcuni compagni, alcuni giudei e cristiani eretici. Dall’impostazione di Ricoldo non si discosta Jacopo da Aqui (m. 1337), autore, come si sa dell’Imago Mundi. Monaco e cardinale romano, addirittura di casa Colonna, fu invece presentato nell’antico rifacimento duecentesco in versi italiani del "Tesoro" di Brunetto Latini:

Poi li mise in errore Machumitto,
o’ udito dire che monaco e cardinale,
che lui lasciò Eradio che dovesse predicare.
Era di vita et di spirito tanto,
che cristiani e pagani l’adoravano per santo,
et Pelagio era il suo nome;
della casa della Colonna di Roma fue sua natione.

Il secondo versificatore del Tesoro, che compose il suo poema nel 1310, si diffonde maggiormente sulla vita e sui fatti del Profeta. Anche lui lo considera cardinale romano di nome Pelagio che, alla morte del papa, volle farsi eleggere papa, ma non riuscì per l’invidia e la ferma opposizione della maggioranza dei cardinali. E siccome era "in ogni scientia perfetto", trovò ascolto presso il popolo e si fece chiamare Malconmetto (e si noti l’eccessiva malignità del versificatore che conia un nome secondo l’etimologia popolare, con evidente richiamo a "commettere male" e andò errando a predicare.

Durante il suo peregrinare:
Porci gli diero addosso
e tutto lo’nfrasono la charne e ll’osso
et ebbe tardi in soccorso, ché una troia li diede un morso...

attribuendo così la sua morte al morso velenoso della scrofa. Secondo la fantasia dell’anonimo verseggiatore, questo è il motivo per cui i musulmani non mangiano carne di maiale:

E in loro ydioma avea nome il porco ziro
statuirono et ordinarono comunemente
che d’indi innanzi niuno di loro gente
non manduchi della carne del ziro

Come si vede, la traduzione orale, la voce pubblica, fissandosi nella scrittura, rispecchia una volontà ben precisa: dimostrare che Muhammad o fu cristiano o un mago ingannatore ammaestrato da un cristiano, e che l’islam è propaggine eretica del cristianesimo. Non altrimenti, in fin dei conti, la pensò anche Dante, collocando il profeta, insieme ad Alì, suo genero e quarto califfo, nella bolgia dei seminatori di scandali e scisma (Inf. XXVIII, 22-27, 32-33).