L'anima e il
corpo |
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(i collegamenti con le novelle sono evidenziati in blu) |
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«Esser ti dové, Tancredi, manifesto, essendo tu di
carne, aver generata figliuola di carne e non di pietra o di ferro»,
così Ghismunda pone l'accento sull'aspetto materiale dell'uomo e
rivendica i diritti del corpo per legittimare il proprio desiderio di
amore e di felicità. Nel Decameron l'uomo, a tutti i livelli della vive e agisce in una dimensione puramente terrena, dominato da
pulsioni e da bisogni naturali e soprattutto dalla forza incoercibile
dell'istinto amoroso. Il corpo è il fondamento biologico dell'essere
considerato innanzitutto nella sua fisicità. Il
corpo non solo assume dignità
in quanto espressione dell'anima, ma afferma anche un valore e
un'autonomia propria: la felicità non può prescindere dalla vitalità
e dalla soddisfazione del sesso. Questo tema percorre già le opere giovanili e si sviluppa compiutamente nel Decameron, dove il corpo, la donna e il sesso diventano la bandiera di una rivoluzione culturale. La lotta è non solo contro l'ipocrisia delle istituzioni e delle convenzioni repressive, contro la censura, ma anche a favore di una letteratura nuova e di un nuovo modello di vita, capace di instaurare un più sano equilibrio tra l'istinto naturale e l'"onestà", tra le esigenze di libertà dell'amore e un'educazione sociale capace di integrarle nelle strutture civili esistenti. Questa novità è tanto più dirompente, se si pensa al processo di restaurazione religiosa e di demonizzazione del corpo presente nella cultura penitenziale trecentesca dei Trionfi della morte, dove il corpo è minacciato costantemente dalla morte, è visto solo nella sua prospettiva di disfacimento, è cadavere e scheletro. Nel Decameron è il corpo femminile ad attirare soprattutto l'attenzione del Boccaccio. Le modalità di rappresentazione dei corpi variano in rapporto al cambiamento dei personaggi e degli ambienti sociali. In genere si può parlare di due tipi di corporalità, una ispirata alla bellezza cortese e un'altra grottesca; essi si riferiscono rispettivamente a personaggi elevati e a personaggi popolari. Tuttavia, anche quando, nelle opere giovanili, l'immagine del corpo è caratterizzata in senso cortese, essa appare sottratta alla stilizzazione tipica della letteratura stilnovistica e assume consistenza e visibilità. La nudità dei corpi femminili emerge con grazia e naturalezza in varie situazioni; affiora sotto i veli delle fanciulle che tentano Florio o è scoperta nella scena delle ninfe al bagno (nel Ninfale fiesolano). Anche Fiammetta non si vergogna di abbandonarsi nuda tra le braccia dell'amante: la nudità è simbolo di serena accettazione della naturalità dell'eros. La scena del bagno ritorna nel Decameron in chiave diversa, di casto idillio, in una fascinosa rappresentazione delle sette novellatrici del Decameron che, nella Valle delle donne, cercano refrigerio in un laghetto (fine della VI giornata). Nella novella di Cimone (V, 1) la rappresentazione
di Efigenia seminuda dormiente sul prato (di maggio, nel bosco, presso
la fontana) è idealizzata in senso cortese in funzione del
significato simbolico dell'episodio; la bellezza e l'amore trasformano
Cimone da "montone" in uomo:
«vide sopra il verde prato dormire una bellissima giovane con un
vestimento tanto sottile, che quasi niente delle candide carni
nascondea». La bellezza di Efigenia, proprio perché rappresentata
dal corpo, non è solo simbolo di sublimazione spirituale, ma diventa
subito oggetto di desiderio e di possesso, scatenando in Cimone una
passione che niente può arrestare, neppure l'assassinio. II denudamento del corpo femminile diventa espressione
della nuova realtà della donna terrena, contrapposta alla donnaangelo.
Uno svuotamento del modello stilnovista e comunque un rovesciamento
dello schema di corteggiamento cortese si trovano nella novella della
vedova e dello scolare (VIII, 7). Lo scolare, rifiutato, infligge
una punizione esemplare alla donna altera, vuota e crudele. Spogliata
delle vesti e torturata dal sole, Elena, da «nobile e leggiadra», si
trasforma in «cepperello inarsicciato». La nudità priva la
donna di ogni aura nobilitante e ne fa un oggetto di desiderio o di
pulsioni sadiche. È il
rifiuto del desiderio maschile, della disponibilità ad amare da parte
della vedova che fa scattare la punizione sul corpo della donna. Anche
nella novella di Nastagio degli Onesti (V, 8)
la bellissima donna
ignuda della visione è straziata dai cani e dallo stocco del cavaliere
in una scena non priva di sadismo erotico: il corpo femminile che si
sottrae al desiderio è aggredito e distrutto, quasi non ci fosse altro
modo di condurre a ragione «questi animali senza intelletto»,
come si esprime lo scolare. Esiste tuttavia una gerarchia sociale dei corpi
femminili. Le donne di grado sociale elevato, oltre al corpo, hanno
un'anima; quelle che si collocano ai gradini più bassi in genere
conoscono solo la forza degli istinti e raramente dimostrano gentilezza
d'animo. Ghismunda è bellissima e savia e monna Giovanna «non meno
onesta che bella», mentre la borghese Caterina (V, 4) è «bella
e piacevole», con una sua astuzia quasi infantile e una ferma
determinazione a godersi ì piaceri dell'amore. Man mano che si scende
lungo la scala sociale, si accentua l'istinto lascivo: Belcolore (VIII,
2) è «brunazza e ben tarchiata e atta a meglio saper
macinar
che alcuna altra», la Nuta (nella novella di frate Cipolla, VI,
10) è «grassa e grossa e piccola e mal
fatta, con un paio di poppe che parean due ceston da letame e con un viso che parea de'
Baronci, tutta sudata, unta e affumicata». Qui si ha l'esempio più significativo di capovolgimento
dell'ideale cortese del corpo in senso grottesco: lo sfondo è la
cucina, l'attributo erotico della Nuta non è lo sguardo, ma «un
paio di poppe che parean due ceston da letame», dove il richiamo sessuale è ingigantito dalla metafora dissacrante, allusiva ad una
fecondità elementare. La deformità fisica esasperata a fini comici
caratterizza un'altra serva, la Ciutazza (VIII, 4): «ella
aveva il naso schiacciato forte e la bocca torta e le labbra grosse e i
denti mal composti e grandi, e sentiva del guercio, né mai era senza
mal d'occhi, con un color verde e giallo ...e oltre a tutto questo era
sciancata e un poco monca». Questo elemento grottesco appare nelle
novelle comiche ed è applicato a personaggi bassi in cui l'inferiorità
sociale si unisce ad una vitalità primitiva. D'altronde, anche il basso
materiale e le funzioni fisiologiche hanno spazio in alcune novelle; si
pensi agli escrementi nella storia di Andreuccio. Nel complesso, si può dire che l'ideale cortese del corpo viene conciliato, nel Decameron, con quello borghese: la proposta di Boccaccio in quest'opera consiste in un equilibrio ancora aristocratico fra rispetto dei diritti della corporalità e necessità di gentilezza d'animo e di "onestà". Questo equilibrio viene invece rinnegato nel Corbaccio. Il grottesco della donna verde e aggrinzita coi seni vizzi che arrivano fino all'ombelico non è un ribaltamento comico, liberatorio; esprime piuttosto un bisogno di censura e di repressione del corpo, la negazione e il rifiuto della donna e di tutto ciò che essa aveva significato nel Decameron. (note tratte da: Luperini - Cataldi - Marchiani - Marchese - Donnarumma, La scrittura e l'interpretazione, 1/1, pp. 662-664) |