Ottava
Giornata
Novella Seconda
Il Prete da Varlungo
si giace con monna Belcolore; lasciale pegno un suo tabarro; e
accattato da lei un mortaio, il rimanda e fa domandare il
tabarro lasciato per ricordanza; rendelo proverbiando la buona
donna.
Commendavano
igualmente e gli uomini e le donne ciò che Gulfardo fatto aveva
alla 'ngorda melanese, quando la reina a Panfilo voltatasi,
sorridendo gl'impose ch'el seguitasse; per la qual cosa Panfilo
incominciò.
Belle
donne, a me occorre di dire una novelletta contro a coloro li
quali continuamente n'offendono senza poter da noi del pari
essere offesi, cioè contro a'preti, li quali sopra le nostre
mogli hanno bandita la croce, e par loro non altramenti aver
guadagnato il perdono di colpa e di pena, quando una se ne
possono metter sotto, che se d'Alessandria avessero il soldano
menato legato a Vignone. Il che i secolari cattivelli non
possono a lor fare; come che nelle madri, nelle sirocchie,
nell'amiche e nelle figliuole con non meno ardore, che essi le
lor mogli assaliscano, vendichino l'ire loro. E per ciò io
intendo raccontarvi uno amorazzo contadino, più da ridere per
la conclusione che lungo di parole, del quale ancora potrete per
frutto cogliere che a'preti non sia sempre ogni cosa da credere.
Dico
adunque che a Varlungo, villa assai vicina di qui, come ciascuna
di voi o sa o puote avere udito, fu un valente prete e gagliardo
della persona ne'servigi delle donne, il quale, come che legger
non sapesse troppo, pur con molte buone e sante parolozze la
domenica a piè dell'olmo ricreava i suoi popolani; e meglio le
lor donne, quando essi in alcuna parte andavano, che altro prete
che prima vi fosse stato, visitava, portando loro della festa e
dell'acqua benedetta e alcun moccolo di candela talvolta infino
a casa, dando loro la sua benedizione.
Ora
avvenne che, tra l'altre sue popolane che prima gli eran
piaciute, una sopra tutte ne gli piacque, che aveva nome monna
Belcolore, moglie d'un lavoratore che si facea chiamare
Bentivegna del Mazzo, la qual nel vero era pure una piacevole e
fresca foresozza, brunazza e ben tarchiata, e atta a meglio
saper macinare che alcuna altra. E oltre a ciò era quella che
meglio sapeva sonare il cembalo e cantare: L'acqua corre la
borrana, e menare la ridda e il ballonchio, quando bisogno
faceva, che vicina che ella avesse, con bel moccichino e gentile
in mano. Per le quali cose messer lo prete ne 'nvaghì sì
forte, che egli ne menava smanie; e tutto 'l dì andava aiato
per poterla vedere; e quando la domenica mattina la sentiva in
chiesa, diceva un Kyrie e un Sanctus sforzandosi ben di
mostrarsi un gran maestro di canto, che pareva uno asino che
ragghiasse, dove, quando non la vi vedeva, si passava assai
leggermente; ma pure sapeva sì fare che Bentivegna del Mazzo
non se ne avvedeva, né ancora vicino che egli avesse.
E
per potere più avere la dimestichezza di monna Belcolore, a
otta a otta la presentava, e quando le mandava un mazzuol d'agli
freschi, che egli aveva i più belli della contrada in un suo
orto che egli lavorava a sue mani, e quando un canestruccio di
baccelli, e talora un mazzuol di cipolle maligie o di scalogni;
e, quando si vedeva tempo, guatatala un poco in cagnesco, per
amorevolezza la rimorchiava, ed ella cotal salvatichetta,
faccendo vista di non avvedersene, andava pure oltre in
contegno; per che messer lo prete non ne poteva venire a capo.
Ora
avvenne un dì che, andando il prete di fitto meriggio per la
contrada or qua or là zazzeato, scontrò Bentivegna del Mazzo
con uno asino pien di cose innanzi; e fattogli motto, il
domandò dov'egli andava. A cui Bentivegna rispose:
-
Gnaffe, sere, in buona verità io vo infino a città per alcuna
mia vicenda, e porto queste cose a ser Bonaccorri da Ginestreto,
che m'aiuti di non so che m'ha fatto richiedere per una
comparigione del parentorio per lo pericolator suo il giudice
del dificio.
Il
prete lieto disse:
-
Ben fai, figliuolo; or va con la mia benedizione, e torna tosto;
e se ti venisse veduto Lapuccio o Naldino, non t'esca di mente
di dir lor che mi rechino quelle combine per li coreggiati miei.
Bentivegna
disse che sarebbe fatto; e venendosene verso Firenze, si pensò
il prete che ora era tempo d'andare alla Bel colore e di provare
sua ventura; e messasi la via tra'piedi, non ristette sì fu a
casa di lei, ed entrato dentro disse:
-
Dio ci mandi bene, chi è di qua?
La
Belcolore, ch'era andata in balco, udendol disse:
-
O sere, voi siate il ben venuto; che andate voi zacconato per
questo caldo?
Il
prete rispose:
-
Se Dio mi dea bene, che io mi vengo a star con teco un pezzo,
per ciò che io trovai l'uom tuo che andava a città.
La
Belcolore, scesa giù, si pose a sedere, e cominciò nettar
sementa di cavolini, che il marito avea poco innanzi trebbiati.
Il
prete le cominciò a dire:
-
Bene, Belcolore, de'mi tu far sempre mai morire questo modo?
La
Belcolore cominciò a ridere e a dire:
-
O che ve fo io?
Disse
il prete:
-
Non mi fai nulla, ma tu non mi lasci fare a te quei ch'io vorrei
e che Iddio comandò.
Disse
la Belcolore:
-
Deh! andate, andate: o fanno i preti così fatte cose?
Il
prete rispose:
-
Sì facciam noi meglio che gli altri uomini; o perché no? E
dicoti più, che noi facciamo vie miglior lavorio; e sai
perché? Perché noi maciniamo a raccolta; ma in verità bene a
tuo uopo, se tu stai cheta e lascimi fare. Disse la Belcolore:
-
O che bene a mio uopo potrebbe esser questo, ché siete tutti
quanti più scarsi che 'l fistolo?
Allora
il prete disse:
-
Io non so, chiedi pur tu: o vuogli un paio di scarpette, o
vuogli un frenello, o vuogli una bella fetta di stame, o ciò
che tu vuogli.
Disse
la Belcolore:
-
Frate, bene sta! Io me n'ho di coteste cose; ma se voi mi volete
cotanto bene, ché non mi fate voi un servigio, e io farò ciò
che voi vorrete?
Allora
disse il prete:
-
Di'ciò che tu vuogli, e io il farò volentieri.
La
Belcolore allora disse:
-
Egli mi conviene andar sabato a Firenze a render lana che io ho
filata e a far racconciare il filatoio mio; e se voi mi prestate
cinque lire, che so che l'avete, io ricoglierò dall'usuraio la
gonnella mia del perso e lo scaggiale dai dì delle feste, che
io recai a marito, ché vedete che non ci posso andare a santo
né in niun buon luogo, perché io non l'ho; e io sempre mai
poscia farò ciò che voi vorrete.
Rispose
il prete:
-
Se Dio mi dea il buono anno, io non gli ho allato; ma credimi
che, prima che sabato sia, io farò che tu gli avrai molto
volentieri.
-
Sì,- disse la Belcolore - tutti siete così gran promettitori,
e poscia non attenete altrui nulla; credete voi fare a me come
voi faceste alla Biliuzza, che se n'andò col ceteratoio? Alla
fè di Dio non farete, ché ella n'è divenuta femina di mondo
pur per ciò; se voi non gli avete, e voi andate per essi.
-
Deh! - disse il prete - non mi fare ora andare infino a casa;
ché vedi che ho così ritta la ventura testè che non c'è
persona, e forse quand'io tornassi ci sarebbe chi che sia che
c'impaccerebbe; e io non so quando e'mi si venga così ben fatto
come ora.
Ed
ella disse:
-
Bene sta; se voi volete andar, sì andate; se non, sì ve ne
durate.
Il
prete, veggendo che ella non era acconcia a far cosa che gli
piacesse, se non a salvum me fac, ed egli volea fare sine
custodia, disse:
-
Ecco, tu non mi credi che io te gli rechi; acciò che tu mi
creda, io ti lascerò pegno questo mio tabarro di sbiavato.
La
Belcolore levò alto il viso e disse:
-
Sì, cotesto tabarro, o che vale egli?
Disse
il prete:
-
Come, che vale? Io voglio che tu sappi che egli è di duagio
infino in treagio, e hacci di quegli nel popolo nostro che il
tengon di quattragio, e non è ancora quindici dì che mi costò
da Lotto rigattiere delle lire ben sette, ed ebbine buon mercato
de soldi ben cinque, per quel che mi dice Buglietto d'Alberto,
che sai che si conosce così bene di questi panni sbiavati.
-
O, sié? - disse la Belcolore - se Dio m'aiuti, io non l'averei
mai creduto; ma datemelo in prima.
Messer
lo prete, ch'aveva carica la balestra, trattosi il tabarro,
gliele diede; ed ella, poi che riposto l'ebbe, disse:
-
Sere, andiancene qua nella capanna, che non vi vien mai persona
- ; e così fecero.
E
quivi il prete, dandole i più dolci baciozzi del mondo e
faccendola parente di messer Domenedio, con lei una gran pezza
si sollazzò; poscia, partitosi in gonnella, che pareva che
venisse da servire a nozze, se ne tornò al santo.
Quivi,
pensando che quanti moccoli ricoglieva in tutto l'anno d'offerta
non valevan la metà di cinque lire, gli parve aver mal fatto, e
pentessi d'aver lasciato il tabarro e cominciò a pensare in che
modo riavere lo potesse senza costo.
E
per ciò che alquanto era maliziosetto, s'avvisò troppo bene
come dovesse fare a riaverlo, e vennegli fatto; per ciò che il
dì seguente, essendo festa, egli mandò un fanciul d'un suo
vicino in casa questa monna Belcolore, e mandolla pregando che
le piacesse di prestargli il mortaio suo della pietra, però che
desinava la mattina con lui Binguccio dal Poggio e Nuto
Buglietti, sì che egli voleva far della salsa.
La
Belcolore gliele mandò. E come fu in su l'ora del desinare, e
'l prete appostò quando Bentivegna del Mazzo e la Belcolor
manicassero, e chiamato il chierico suo, gli disse:
-
Togli quel mortaio e riportalo alla Belcolore, e di': - Dice il
sere che gran mercè, e che voi gli rimandiate il tabarro che 'l
fanciullo vi lasciò per ricordanza - .
Il
cherico andò a casa della Belcolore con questo mortaio e
trovolla insieme con Bentivegna a desco che desinavano. Quivi,
posto giù il mortaio, fece l'ambasciata del prete.
La
Belcolore, udendosi richiedere il tabarro, volle rispondere; ma
Bentivegna con un mal viso disse:
-
Dunque toi tu ricordanza al sere? Fo boto a Cristo, che mi vien
voglia di darti un gran sergozzone; va, rendigliel tosto, che
canciola te nasca; e guarda che di cosa che voglia mai, io dico
s'e'volesse l'asino nostro, non ch'altro, non gli sia detto di
no.
La
Belcolore brontolando si levò, e andatasene al soppidiano, ne
trasse il tabarro e diello al cherico e disse:
-
Dirai così al sere da mia parte: - La Belcolore dice che fa
prego a Dio che voi non pesterete mai più salsa in suo mortaio,
non l'avete voi sì bello onor fatto di questa - .
Il
cherico se n'andò col tabarro e fece l'ambasciata al sere, a
cui il prete ridendo disse:
-
Dira'le, quando tu la vedrai, che s'ella non ci presterà il
mortaio, io non presterrò a lei il pestello; vada l'un per
Bentivegna si credeva che la moglie quelle parole dicesse
perché egli l'aveva garrita, e non se ne curò. Ma la Belcolore,
rimasa scornata, venne in iscrezio col sere, e tennegli favella
insino a vendemmia; poscia, avendola minacciata il prete di
farnela andare in bocca del Lucifero maggiore, per bella paura
entro, col mosto e con le castagne calde si rappattumò con lui,
e più volte insieme fecer poi gozzoviglia.
E
in iscambio delle cinque lire le fece il prete rincartare il
cembal suo e appiccarvi un sonagliuzzo, ed ella fu contenta. |