Narrazione, tempo, spazio e personaggi ne I Malavoglia |
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1. Il discorso indiretto libero Per
discorso indiretto libero si intende il resoconto di parole e/o
pensieri di un personaggio non introdotto dai verbi del dire e/o pensare. Nella
narrativa dell'Ottocento i passi in stile indiretto libero erano saltuari
e facilmente attribuibili ad un personaggio: servivano da variazione
stilistica, per vivacizzare il discorso indiretto. Nei
Malavoglia per la prima volta il procedimento viene usato
sistematicamente: non è possibile attribuire i singoli enunciati in stile
indiretto libero a personaggi precisi. Ciò accade perché il narratore
nella narrazione assume espressioni, pensieri e discorsi che noi lettori,
per motivi linguistici, stilistici e ideologici, dobbiamo immaginare
pensati o pronunciati da qualcuno degli abitanti di Aci Trezza, senza però
sapere precisamente da chi. Leo
Spitzer ha parlato di coralità
dei Malavoglia, sostenendo che
l'uso corale e sistematico dell'erlebte
Rede non è che un aspetto della più generale scelta di narrare i
fatti dal punto di vista dei personaggi: anche quando non riporta i
discorsi della gente di Aci Trezza (ed è narratore autentico), il
narratore ne adotta tendenzialmente il punto di vista. In
pratica il Verga, intellettuale borghese quale noi lo conosciamo da
elementi extratestuali, è presente nella narrazione, ma solo nella
funzione di narratore implicito, che sceglie di rappresentare il conflitto tra
ideali e miti della società patriarcale e la ferrea logica economica
dell'utile e del progresso individuale, e inventa un narratore di livello
culturale a lui inferiore e ideologicamente solidale con alcuni personaggi
della storia. Il narratore è, o
almeno potrebbe essere, diverso dall'autore
implicito; sarebbe un errore identificare il sistema di valori
attribuibile al narratore automaticamente con quello del Verga-autore:
basterebbe constatare che il narratore non parla lo stesso linguaggio
dell'estensore della Prefazione
che più direttamente rimanda all'autore. In
conclusione possiamo dire:
Un'ultima
cautela: l'autore non coincide
con il narratore, ma non
coincide neppure con la famiglia Malavoglia. Sarebbe un errore attribuire
al Verga il sistema di valori dei suoi personaggi! 2.
Il sistema dei personaggi Nel
romanzo si nota un'evidente contrapposizione sociale ed etica tra piccoli
proprietari terrieri e lavoratori in proprio, da una parte, e ceto usuraio
e improduttivo, dall'altra. Tale
contrapposizione è alla base di un sistema dei personaggi di tipo binario
(è lo specchio della contraddizione ideologica del Verga): padron
'Ntoni: onestà, mondo dei Malav.
} accomunati
dalla stessa logica economica
zio
Crocefisso: utile, mondo di Aci
Trezza 'Ntoni
figlio: mondo dei Malavoglia
} tradimento
delle origini, vagabondaggio Rocco
Spatu: mondi di Aci Trezza
Anche
nella famiglia Malavoglia la scissione tra l'etica dell'onestà e l'etica
dell'interesse economico finiscono per insinuarsi: maschi
vs maschi: 'Ntoni vs
Alessi
femmine
vs femmine: Lia vs
Mena
Il
sistema dei personaggi è uno “studio sociale” (secondo i più tipici
dettami veristici), teso a mostrare un contrasto di ideologie e
comportamenti sociali, provocato dal predominio del ceto parassitario che
corrompe i valori tradizionali. 3.
Il rapporto tra fabula
e intreccio Proprio
in quanto “studio sociale”, la fabula
(ordine logico-cronologico della storia) è ricondotta alla vicenda dei
Toscano-Malavoglia, mentre l'intreccio
(la disposizione operata dall'autore) presenta una grande abbondanza di
motivi “liberi”. Ciò si verifica per l'esigenza del Verga di dare
conto dei meccanismi complessivi della vita sociale del villaggio,
dipendenti dalla logica dell'utile che subordina gli altri valori (Aci
Trezza è un microcosmo). 4.
Tempo della storia e tempo del racconto In
relazione alla rappresentazione del tempo, la caratteristica più evidente
del romanzo è la sostituzione del tempo
storico con il tempo etnologico
segnato dal ritmo delle stagioni e delle feste religiose-popolari ed è
cadenzato letterariamente dai proverbi; le scadenze temporali sono segnate
dai raccolti (per es. le ulive) o dalla liturgia (Morti, Ognissanti,
Natale, S. Giovanni, Pasqua, ecc.). Il tempo, dunque, non è rettilineo,
ma circolare: ritorna periodicamente su se stesso, senza reale sviluppo,
senza cambiamenti, senza progresso. E così pure la natura si ripete con
un ritmo evolutivo quasi impercettibile. Il tutto conduce alla visione di
un mondo separato e irrelato, un mondo che così può apparire tutto
natura e dunque senza storia, senza progresso. Queste osservazioni
mostrano la singolarità del romanzo: pur trattandosi di un romanzo
storico, il tempo della storia sembra quasi annullato, sin quasi a
sparire. Nel tempo etnologico, infatti, il tempo storico penetra solo se
trasfigurato. E
tuttavia, per quanto trasfigurato e mantenuto sullo sfondo, il tempo
storico non scompare del tutto: 1863 (chiamata di 'Ntoni alla leva), 5
anni di “ferri” a cui viene condannato 'Ntoni, 8 anni di lontananza di
Alfio Mosca, problemi politico-sociali dopo la Riunificazione (1861),
Garibaldi, Borboni, ecc. Ne deriva una sorta di tempo
misto, in buona misura artificiale, ma proprio per questo capace di
conciliare romanzo storico e romanzo etnologico, storia e mito. Il
tempo della storia copre un arco di 15 anni, dal 1863 (data indicata dal
Verga stesso) al 1878 (data deducibile). L'autore è minuzioso nel fissare
la corrispondenza tra tempo storico e tempo etnologico. Egli tiene
presenti le esigenze di una cronologia oggettiva, storica, lineare e di
una cronologia circolare, etnologica, astorica, anche se poi nella stesura
la seconda prevale sulla prima. Non
c'è corrispondenza tra tempo della storia e tempo del racconto: nella
prima parte (capp. I-IV) il ritmo narrativo è più lento, nella seconda
si allunga il tempo della storia e diminuisce quello del racconto, mentre
nella parte finale i riferimenti storici si fanno sempre più rari fino a
sparire. Molto
importante è anche l'uso delle forme verbali. In tutto il romanzo domina
nettamente l'imperfetto, tempo tipico del romanzo realista e soprattutto
naturalista; tuttavia, mentre nei primi nove capitoli il ricorso al
passato remoto è raro, esso diventa più frequente negli ultimi capitoli,
sin quasi a prevalere in quello finale (quasi a chiudere definitivamente
la vicenda in un tempo trascorso per sempre). Ora, l'uso dell'imperfetto
esprime le seguenti esigenze narrative: 1)
è il tempo tipico dell'uso dell'indiretto libero e della rappresentazione
degli avvenimenti attraverso il punto di vista dei personaggi (cfr. supra); 2)
è il tempo più adatto ad esprimere una “restrizione di validità”
del discorso e quindi quella “pseudo-oggettività” di cui parla lo
Spitzer; 3)
è il tempo più idoneo ad una distribuzione dei piani narrativi che
privilegia lo sfondo e la coralità sul rilievo del primo piano,
conformemente alla prevalenza dell'elemento descrittivo e sociologico
rispetto a quello del “racconto aneddotico”; 4)
è un tempo, per così dire, circolare, adatto ad esprimere la continuità
e la ripetizione, la passività e la malinconia. I punti 1-3 spiegano il dominio assoluto dell'imperfetto nella parte iniziale e centrale del romanzo dove l'intreccio tra tempo storico e tempo etnologico è assai fitto e la preoccupazione sociologica più evidente. Nell'ultima parte invece la coralità del racconto si attenua, la figura di 'Ntoni balza alla ribalta, la storia del paese lascia spazio alla storia dei Malavoglia. Il più frequente uso del passato remoto significa che il romanzo tende ad attenuare gli aspetti storico e sociali e ad accentuare invece gli aspetti morali e simbolici della vicenda (si veda in proposito l'ultima pagina del romanzo con la significativa epifania del mare che serve a chiudere circolarmente la vicenda). In sintesi:
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