PRIMO LEVI

Se questo è un uomo(1947)

 

Per qualità letterarie, per profondità di analisi, per immediatezza del racconto, l'opera di Primo Levi è ormai universalmente riconosciuta come il punto di riferimento della memorialistica del Lager. Torinese, sopravvissuto ad Auschwitz Levi ha raccontato la sua esperienza in Se questo è un uomo (1947), e poi in La tregua (1963). Per tutta la vita ha alternato il mestiere del chimico, con quello dello scrittore, cimentandosi anche in racconti di carattere fantascientifico, e in un romanzo, Se non ora, quando? (1982) dedicato alle vicende poco note della resistenza ebraica alla deportazione. Sullo sfondo dell'opera di Levi c'è sempre l'esperienza del campo di concentramento, il dramma del deportato e quello del sopravvissuto che non può smettere di chiedersi "perché proprio io?". In qualche modo il tormento della sua coscienza di fronte all'incredulità, al tentativo di negare quegli eventi o di ridimensionarli, si lega alla tragica fine dello scrittore avvenuta, per suicidio, nel 1987.

Nessuno meglio di Primo Levi ha saputo raccontare il dramma del Lager, in tutte le sue sfumature, attraverso le complicate articolazioni del progetto nazista, ma insieme alla luce di una realtà umana profonda e drammaticamente vera. In questo senso egli, tra l'altro, sa mettere in scena anche la straordinaria realtà del gesto d'intesa, di solidarietà, con cui l'uno si avvicina all'altro per porgergli aiuto senza nulla pretendere in cambio. E' quanto racconta in queste pagine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spunti per la riflessione

1. In che modo i "civili" vedono e giudicano gli internati?

2. Perché Lorenzo è diverso dagli altri "civili"?

3. Perché il gesto di Lorenzo aiuterà Levi a sopravvivere?

4. Cosa distingue e contrappone il mondo del Lager (SS, Kapos, detenuti) dal mondo di Lorenzo?

 

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Lorenzo

In questo mondo scosso ogni giorno più profondamente dai fremiti della fine vicina, fra nuovi terrori e speranze e intervalli di schiavitù esacerbata, mi accadde di incontrare Lorenzo.

La storia della mia relazione con Lorenzo è insieme lunga e breve, piana ed enigmatica; essa è una storia di un tempo e di una condizione ormai cancellati da ogni realtà presente, e perciò non credo che potrà essere compresa altrimenti di come si comprendono oggi i fatti della leggenda e della storia più remota.

In termini concreti, essa si riduce a poca cosa: un operaio civile italiano mi portò un pezzo di pane e gli avanzi del suo rancio ogni giorno per sei mesi; mi donò una sua maglia piena di toppe; scrisse per me in Italia una cartolina, e mi fece avere la risposta. Per tutto questo, non chiese né accettò alcun compenso, perché era buono e semplice, e non pensava che si dovesse fare il bene per un compenso.

Tutto questo non deve sembrare poco. Il mio caso non è stato il solo; come già si è detto, altri fra noi avevano rapporti di vario genere con civili, e ne traevano di che sopravvivere: ma erano rapporti di diversa natura. I nostri compagni ne parlavano con lo stesso tono ambiguo e pieno di sottintesi con cui gli uomini di mondo parlano delle loro relazioni femminili: e cioè come di avventure di cui si può a buon diritto andare orgogliosi e di cui si desidera essere invidiati, le quali però, anche per le coscienze più pagane, rimangono pur sempre al margine del lecito e dell'onesto; per cui sarebbe scorretto e sconveniente parlarne con troppa compiacenza. Così gli Häftlinge raccontano dei loro “protettori” e “amici” civili: con ostentata discrezione, senza far nomi, per non comprometterli e anche e soprattutto per non crearsi indesiderabili rivali. I più consumati, i seduttori di professione come Henri, non ne parlano affatto; essi circondano i loro successi di un'aura di equivoco mistero, e si limitano agli accenni e alle allusioni, calcolate in modo da suscitare negli ascoltatori la leggenda confusa e inquietante che essi godano delle buone grazie di civili illimitatamente potenti e generosi. Questo in vista di un preciso scopo: la fama di fortuna, come altrove abbiamo detto, si dimostra di fondamentale utilità a chi sa circondarsene.

La fama di seduttore, di “ organizzato ”, suscita insieme invidia, scherno, disprezzo e ammirazione. Chi si lascia vedere in atto di mangiare roba “organizzata” viene giudicato assai severamente; è questa una grave mancanza di pudore e di tatto, oltre che una evidente stoltezza. Altrettanto stolto e impertinente sarebbe domandare “ chi te l'ha dato? dove l'hai trovato? come hai fatto? ” Solo i Grossi Numeri, sciocchi inutili e indifesi, che nulla sanno delle regole del Lager, fanno di queste domande; a queste domande non si risponde, o si risponde “Verschwinde, Mensch!”, “Hau'ab”, “Uciekaj”, “Schiess' in den Wind”, “va chier”; con uno insomma dei moltissimi equivalenti di “ Lévati di torno” di cui è ricco il gergo del campo.

C'è anche chi si specializza in complesse e pazienti campagne di spionaggio, per individuare qual è il civile o il gruppo di civili a cui il tale fa capo, e cerca poi in vari modi di soppiantarlo. Ne nascono interminabili controversie di priorità, rese più amare per il perdente dal fatto che un civile già “sgrossato” è quasi sempre più redditizio, e soprattutto più sicuro, di un civile al suo primo contatto con noi. È un civile che vale molto di più, per evidenti ragioni sentimentali e tecniche: conosce già i fondamenti dell'“organizzazione”, le sue regole e i suoi pericoli, e inoltre ha dimostrato di essere in grado di superare la barriera di casta.

Infatti, noi per i civili siamo gli intoccabili. I civili, più o meno esplicitamente, e con tutte le sfumature che stanno fra il disprezzo e la commiserazione, pensano che, per essere stati condannati a questa nostra vita, per essere ridotti a questa nostra condizione, noi dobbiamo esserci macchiati di una qualche misteriosa gravissima colpa. Ci odono parlare in molte lingue diverse, che essi non comprendono, e che suonano loro grottesche come voci animali; ci vedono ignobilmente asserviti, senza capelli, senza onore e senza nome, ogni giorno percossi, ogni giorno più abietti, e mai leggono nei nostri occhi una luce di ribellione, o di pace, o di fede. Ci conoscono ladri e malfidi, fangosi cenciosi e affamati, e, confondendo l'effetto con la causa, ci giudicano degni della nostra abiezione. Chi potrebbe distinguere i nostri visi? per loro noi siamo “ Kazett ”, neutro singolare.

Naturalmente questo non impedisce a molti di loro di gettarci qualche volta un pezzo di pane o una patata, o di affidarci, dopo la distribuzione della “ Zivilsuppe ” in cantiere, le loro gamelle da raschiare e restituire lavate. Essi vi si inducono per togliersi di torno qualche importuno sguardo famelico, o per un momentaneo impulso di umanità, o per la semplice curiosità di vederci accorrere da ogni parte a contenderci il boccone l'un l'altro, bestialmente e senza ritegno, finché il più forte lo ingozza, e allora tutti gli altri se ne vanno scornati e zoppicanti.

Ora, tra me e Lorenzo non avvenne nulla di tutto questo. Per quanto di senso può avere il voler precisare le cause per cui proprio la mia vita, fra migliaia di altre equivalenti, ha potuto reggere alla prova, io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi; e non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza, con il suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all'odio e alla paura; qualcosa di assai mal definibile, una remota possibilità di bene, per cui tuttavia metteva conto di conservarsi.

I personaggi di queste pagine non sono uomini. La loro umanità è sepolta, o essi stessi l'hanno sepolta, sotto l'offesa subita o inflitta altrui. Le SS malvage e stolide, i Kapos, i politici, i criminali, i prominenti grandi e piccoli, fino agli Häftlinge indifferenziati e schiavi, tutti i gradini della insana gerarchia voluta dai tedeschi, sono paradossalmente accomunati in una unitaria desolazione interna.

Ma Lorenzo era un uomo; la sua umanità era pura e incontaminata, egli era al di fuori di questo mondo di negazione. Grazie a Lorenzo mi è accaduto di non dimenticare di essere io stesso un uomo.