HOME PAGE DI LUCIANO ZAPPELLA
|
2. Come si ricostruiscono i fatti storici |
|
|
Fonti primarie e secondarie Per ricostruire fatti e quadri storici è necessario un meticoloso lavoro di ricerca, analisi, valutazione delle fonti. Una fonte storica è qualunque documento, oggetto o reperto in grado di fornire informazioni allo storico. Le fonti si possono suddividere in due grandi categorie: fonti primarie e fonti secondarie. Le fonti primarie sono le testimonianze scritte o materiali prodotte in una determinata epoca oggetto di studio. Sono fonti primarie le iscrizioni; i documenti conservati in archivio (scritti su tavolette di cera, pergamena o carta): quelli pubblici (come i provvedimenti legislativi di qualsiasi genere, le sentenze giudiziarie, i registri dell'amministrazione statale) e quelli privati (contratti notarili, registri contabili, inventari di beni, lettere, diari), a cui vanno aggiunti i documenti ecclesiastici (registri parrocchiali); le opere letterarie dell'epoca; le opere architettoniche (templi, strade, ponti, acquedotti); i prodotti artistici o artigianali (dipinti, sculture, mosaici, gioielli, vasellame); gli oggetti di uso quotidiano (abiti, monili, oggetti di arredamento, strumenti di lavoro); alcuni oggetti di uso particolare (armi, strumenti di tortura, oggetti di impiego religioso); le monete; reperti di ogni genere, compresi resti umani e alimentari; per la storia più recente anche le fotografie, i filmati, le pubblicazioni a stampa. Le fonti secondarie sono le ricostruzioni o le interpretazioni di un evento passato che sono state date nel corso del tempo. Sono fonti secondarie le cronache, anche antiche, i saggi storici antichi e moderni, i riferimenti contenuti in scritti di epoca posteriore. Un'opera storica, scritta sulla base delle fonti primarie, diventa a sua volta fonte secondaria per gli storici successivi. Ciò vuol dire che per ricostruire il passato occorre conoscere anche ciò che ne hanno già scritto gli storici.
Fonti intenzionali e non intenzionali Una seconda distinzione importante è quella tra fonti intenzionali e fonti non intenzionali. Sono fonti intenzionali i documenti creati appositamente per essere tramandati nel tempo: leggi, iscrizioni, opere letterarie e celebrative, opere d'arte, opere architettoniche come i templi. Sono fonti non intenzionali tutti gli oggetti, i documenti e i reperti destinati alla vita quotidiana e non a un uso pubblico e ufficiale: lettere, documenti privati di ogni genere, utensili, oggetti di vestiario o di arredamento. Le fonti intenzionali sono spesso espressione dei gruppi sociali al potere: sono quindi in molti casi di parte e si debbono confrontare con fonti di tipo diverso per avere un'idea più precisa dei fatti. Le fonti non intenzionali, invece, sono talvolta più attendibili, perché prive di scopi propagandistici, e ci consentono per esempio di far luce anche sulla vita delle classi sociali inferiori e su convinzioni e abitudini private. D'altra parte, ci possono essere aspetti non intenzionali anche in una testimonianza intenzionale e viceversa: un'opera letteraria celebrativa, per esempio, può - senza averne l'intenzione - dirci molto sul rapporto esistente al tempo tra intellettuali e potere politico; una moneta, oggetto apparentemente semplice e comune, può invece rivelare il grado di raffinatezza raggiunto dalla tecnica di conio.
Paleontologia e archeologia: due discipline per capire il passato La ricostruzione storica delle epoche più antiche, per le quali scarseggiano le fonti scritte, deve fondarsi soprattutto su testimonianze di altra natura: ciò è vero in particolare nel caso della preistoria, in cui la scrittura era totalmente assente. Per la storia della vita sulla Terra è fondamentale lo studio dei fossili. Gli organismi viventi, dopo la morte, si decompongono più o meno rapidamente e finiscono per essere distrutti senza lasciare traccia. Solo in situazioni ambientali particolarmente favorevoli i corpi di animali e piante non scompaiono del tutto, ma lasciano resti o tracce in grado di conservarsi per milioni e a volte miliardi di anni: sono questi, appunto, i fossili, che vengono studiati dalla scienza detta paleontologia (dal greco palaiós, "antico", ón, "cosa" e lógos, "discorso", "discorso sulle cose antiche"). La paleontologia si occupa anche dei resti dei più antichi uomini, scheletri o più spesso semplici frammenti di osso e denti. Fondamentale per la ricostruzione del passato dell'umanità è lo studio degli oggetti prodotti dall'attività dei nostri antenati (utensili in pietra, ceramica, edifici ecc.): tale studio compete all'archeologia (dal greco archaiós, "primordiale", "delle origini" e lógos, "discorso", letteralmente "discorso sulle origini").
La selezione delle fonti In definitiva, qualunque oggetto può diventare una fonte. Ma gli oggetti, di per sé, sono muti; sta all'intelligenza e all'acume dello storico interpretare la fonte e ricavarne correttamente delle informazioni. In particolare, le fonti sono per loro natura incomplete e disomogenee, perché di svariata provenienza, parzialmente conservate, prodotte con scopi diversi e da soggetti diversi. Per ricostruire il passato, un archeologo deve spesso basarsi su pochi reperti conservati casualmente e in modo selettivo: il legno, la carta, i resti organici, i tessuti, per esempio, si degradano molto più in fretta della pietra, dell'osso o del metallo. Ricostruendo i modi di vita della preistoria, l'archeologo che ritrova solo pietre lavorate non può escludere che fossero utilizzati altri tipi di materiale; può solo constatare che tali eventuali manufatti non si sono conservati. Così, per conoscere la vita quotidiana dei Romani uno storico esperto di civiltà antiche si troverà tra le mani perlopiù testi di scrittori latini, quasi tutti espressione delle classi sociali superiori: per capire come vivevano i ceti più umili dovrà utilizzare soprattutto reperti archeologici. Per alcuni periodi della storia esiste una grande quantità di fonti; per altri invece esse scarseggiano: per i primi secoli del Medioevo, per esempio, molte fonti sono andate distrutte o non sono state prodotte in forma scritta. All'opposto, per la storia contemporanea il problema è selezionare le fonti più significative nel vastissimo patrimonio informativo esistente. Talvolta la scoperta di fonti nuove o una nuova e più convincente interpretazione di fonti esistenti può modificare anche sensibilmente la ricostruzione di un evento o di un periodo del passato.
Come si legge una fonte Per leggere una fonte lo storico deve possedere in primo luogo precise tecniche di analisi, che si sono specializzate nel corso del tempo. Per esempio, per leggere un documento scritto deve conoscere la lingua in cui è redatto e individuare al suo interno le formule sempre uguali in uso in un certo periodo e in un certo luogo; per studiare un oggetto di ceramica trovato durante uno scavo archeologico deve analizzarne la composizione chimica per sapere da dove proviene il materiale, la forma per sapere a che cosa serviva, la decorazione per sapere dove fu prodotto e per quale clientela. Molto importante è poi conoscere il percorso che quella fonte ha fatto per arrivare fino a noi: nel caso del documento scritto è importante sapere se si tratta di un originale (analizzando la pergamena o carta, il sigillo, la scrittura ecc.) oppure di una copia (ma fatta da chi, e quando, e perché?). Per un oggetto di ceramica, è importante sapere dove e in quali condizioni è stato rinvenuto. Dopo aver accertato tutti questi dati, viene la parte più difficile, quella dell'interpretazione. Che cosa rivela quel documento sull'autorità politica che l'ha emesso o sui problemi del tempo in cui è stato emesso? E quell'oggetto di ceramica finito sotto terra può dirci qualcosa sulle fabbriche, i flussi commerciali, i mercati, il gusto? Una fonte, soprattutto se primaria, appartiene a un'epoca diversa e a volte molto lontana rispetto a quella dello storico. Non possiamo comprendere il passato se utilizziamo modi di pensare, valori, conoscenze della società e della vita politica a noi contemporanee. Per guardare al passato dobbiamo acquisire un distacco, un senso di lontananza che ci consente di essere obiettivi e di evitare anacronismi, e la capacità di contestualizzare le conoscenze. Ogni evento, oggetto, documento ha senso e ci fornisce informazioni se lo inseriamo correttamente nel contesto da cui proviene. |
|