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2. Come si ricostruiscono i fatti storici

 

 

Fonti primarie e secondarie

Per ricostruire fatti e quadri storici è neces­sario un meticoloso lavoro di ricerca, analisi, valutazione delle fonti. Una fonte storica è qualunque documento, oggetto o reperto in grado di fornire informazioni allo storico.

Le fonti si possono suddividere in due grandi categorie: fonti primarie e fonti secondarie.

Le fonti primarie sono le testimonianze scritte o materiali prodotte in una determinata epoca oggetto di studio. Sono fonti primarie le iscri­zioni; i documenti conservati in archivio (scritti su tavolette di cera, pergamena o carta): quelli pubblici (come i provvedimenti legislativi di qualsiasi genere, le sentenze giudiziarie, i registri dell'amministrazione statale) e quelli privati (contratti notarili, registri contabili, inventari di beni, lettere, diari), a cui vanno aggiunti i documenti ecclesiastici (registri parrocchiali); le opere letterarie dell'epoca; le opere archi­tettoniche (templi, strade, ponti, acquedotti); i prodotti artistici o artigianali (dipinti, sculture, mosaici, gioielli, vasellame); gli oggetti di uso quotidiano (abiti, monili, oggetti di arredamen­to, strumenti di lavoro); alcuni oggetti di uso particolare (armi, strumenti di tortura, oggetti di impiego religioso); le monete; reperti di ogni genere, compresi resti umani e alimentari; per la storia più recente anche le fotografie, i filmati, le pubblicazioni a stampa.

Le fonti secondarie sono le ricostruzioni o le interpretazioni di un evento passato che sono state date nel corso del tempo. Sono fonti secondarie le cronache, anche antiche, i saggi storici antichi e moderni, i riferimenti conte­nuti in scritti di epoca posteriore. Un'opera storica, scritta sulla base delle fonti primarie, diventa a sua volta fonte secondaria per gli sto­rici successivi. Ciò vuol dire che per ricostruire il passato occorre conoscere anche ciò che ne hanno già scritto gli storici.

 

Fonti intenzionali e non intenzionali

Una seconda distinzione importante è quella tra fonti intenzionali e fonti non intenzionali.

Sono fonti intenzionali i documenti creati appo­sitamente per essere tramandati nel tempo: leg­gi, iscrizioni, opere letterarie e celebrative, opere d'arte, opere architettoniche come i templi.

Sono fonti non intenzionali tutti gli oggetti, i documenti e i reperti destinati alla vita quoti­diana e non a un uso pubblico e ufficiale: lettere, documenti privati di ogni genere, utensili, oggetti di vestiario o di arredamento.

Le fonti intenzionali sono spesso espressione dei gruppi sociali al potere: sono quindi in molti casi di parte e si debbono confrontare con fonti di tipo diverso per avere un'idea più precisa dei fatti. Le fonti non intenzionali, invece, sono talvolta più attendibili, perché prive di scopi propagandistici, e ci consentono per esempio di far luce anche sulla vita delle classi sociali inferiori e su convinzio­ni e abitudini private.

D'altra parte, ci possono essere aspetti non intenzionali anche in una testimonianza intenziona­le e viceversa: un'opera letteraria celebrativa, per esempio, può - senza averne l'intenzione - dirci molto sul rapporto esistente al tempo tra intellettuali e potere politico; una moneta, oggetto apparentemente semplice e comune, può invece rivelare il grado di raffinatezza rag­giunto dalla tecnica di conio.

 

Paleontologia e archeologia: due discipline per capire il passato

La ricostruzione storica delle epoche più antiche, per le quali scarseggiano le fonti scrit­te, deve fondarsi soprattutto su testimonianze di altra natura: ciò è vero in particolare nel caso della preistoria, in cui la scrittura era to­talmente assente.

Per la storia della vita sulla Terra è fondamen­tale lo studio dei fossili. Gli organismi viventi, dopo la morte, si decompongono più o meno rapidamente e finiscono per essere distrutti sen­za lasciare traccia. Solo in situazioni ambientali particolarmente favorevoli i corpi di animali e piante non scompaiono del tutto, ma lasciano resti o tracce in grado di conservarsi per milioni e a volte miliardi di anni: sono questi, ap­punto, i fossili, che ven­gono studiati dalla scienza detta paleontologia (dal greco palaiós, "antico", ón, "cosa" e lógos, "discorso", "discorso sulle cose antiche"). La paleontologia si occupa anche dei resti dei più antichi uomi­ni, scheletri o più spesso semplici frammenti di osso e denti.

Fondamentale per la ricostruzione del passato dell'umanità è lo studio degli oggetti prodotti dall'attività dei nostri antenati (utensili in pietra, ceramica, edifici ecc.): tale studio com­pete all'archeologia (dal greco archaiós, "pri­mordiale", "delle origini" e lógos, "discorso", letteralmente "discorso sulle origini").

 

La selezione delle fonti

In definitiva, qualunque oggetto può diven­tare una fonte. Ma gli oggetti, di per sé, sono muti; sta all'intelligenza e all'acume dello storico interpretare la fonte e ricavarne correttamente delle informazioni. In particolare, le fonti sono per loro natura incomplete e disomogenee, per­ché di svariata provenienza, parzialmente con­servate, prodotte con scopi diversi e da soggetti diversi. Per ricostruire il passato, un archeologo deve spesso basarsi su pochi reperti conservati casualmente e in modo selettivo: il legno, la carta, i resti organici, i tessuti, per esempio, si de­gradano molto più in fretta della pietra, dell'osso o del metallo. Ricostruendo i modi di vita della preistoria, l'archeologo che ritrova solo pietre lavorate non può escludere che fossero utilizzati altri tipi di materiale; può solo constatare che tali eventuali manufatti non si sono conservati.

Così, per conoscere la vita quotidiana dei Roma­ni uno storico esperto di civiltà antiche si troverà tra le mani perlopiù testi di scrittori latini, quasi tutti espressione delle classi sociali superiori: per capire come vivevano i ceti più umili dovrà uti­lizzare soprattutto reperti archeologici.

Per alcuni periodi della storia esiste una grande quantità di fonti; per altri invece esse scar­seggiano: per i primi secoli del Medioevo, per esempio, molte fonti sono andate distrutte o non sono state prodotte in forma scritta. All'op­posto, per la storia contemporanea il problema è selezionare le fonti più significative nel vastissi­mo patrimonio informativo esistente.

Talvolta la scoperta di fonti nuove o una nuova e più convincente interpretazione di fonti esistenti può modificare anche sensibilmente la ricostru­zione di un evento o di un periodo del passato.

 

Come si legge una fonte

Per leggere una fonte lo storico deve posse­dere in primo luogo precise tecniche di analisi, che si sono specializzate nel corso del tempo. Per esempio, per leggere un documento scritto deve conoscere la lingua in cui è redatto e individuare al suo interno le formule sempre uguali in uso in un certo periodo e in un certo luogo; per studiare un oggetto di ceramica tro­vato durante uno scavo archeologico deve ana­lizzarne la composizione chimica per sapere da dove proviene il materiale, la forma per sapere a che cosa serviva, la decorazione per sapere dove fu prodotto e per quale clientela.

Molto importante è poi conoscere il percorso che quella fonte ha fatto per arrivare fino a noi: nel caso del documento scritto è impor­tante sapere se si tratta di un originale (ana­lizzando la pergamena o carta, il sigillo, la scrittura ecc.) oppure di una copia (ma fatta da chi, e quando, e perché?). Per un oggetto di ceramica, è importante sapere dove e in quali condizioni è stato rinvenuto.

Dopo aver accertato tutti questi dati, viene la parte più difficile, quella dell'interpretazione. Che cosa rivela quel documento sull'autorità po­litica che l'ha emesso o sui problemi del tempo in cui è stato emesso? E quell'oggetto di ceramica finito sotto terra può dirci qualcosa sulle fabbri­che, i flussi commerciali, i mercati, il gusto?

Una fonte, soprattutto se primaria, appartiene a un'epoca diversa e a volte molto lontana rispetto a quella dello storico. Non possiamo comprendere il passato se utilizziamo modi di pensare, valori, conoscenze della società e della vita politica a noi contemporanee. Per guardare al passato dobbiamo acquisire un distacco, un senso di lontananza che ci consente di essere obiettivi e di evitare anacronismi, e la capacità di contestualizzare le conoscenze. Ogni even­to, oggetto, documento ha senso e ci fornisce informazioni se lo inseriamo correttamente nel contesto da cui proviene.

 
 

 
© luciano zappella