LEOPARDI E QOHELET

 

 

1. Qohelet, il Leopardi dell’Antico Testamento

Opera, per certi versi, sconvolgente, il libro di Qohelet (קהלת) fa parte dei cosiddetti libri sapienziali, cioè quei libri che si interrogano su vari aspetti della vita umana, quali la vita, la morte, il dolore, la gioia, la fede e l’ateismo. Clicca qui per approfondire.

 

2. Leopardi, il Qohelet della letteratura italiana

a) La “filosofia” di Leopardi e quella di Qohelet

Sulla base di un approccio interrogativo, i due autori si pongono il problema della sofferenza e del male, il tutto dalla prospettiva del venir meno del tutto. Ma Leopardi, a differenza di Qohelet, non si limita a dare ragione dell’esistenza “sotto il sole”, ma estende la propria filosofia “nullificante” allo stesso “principio”: è la relativizzazione di ogni cosa portata alle estreme conseguenze.

b) Riprese zibaldoniane: cfr. sotto

c) Riprese poetiche: La sera del dì di festa, Canto notturno di un pastore errante nell’Asia, A se stesso.

 

1 .«Tutto è follia in questo mondo fuorché il folleggiare. Tutto è degno di riso fuorché il ridersi di tutto. Tutto è vanità fuorché le belle illusioni e le dilettevoli frivolezze» (Zib. 3990). (cfr. Qo 1,2.17-18. 2,1-12)

2. «Io era spaventato nel trovarmi in mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentiva come soffocare, considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla» (Zib. 85). (cfr. Qo 5,14-15)

3. «In somma il principio delle cose, e di Dio stesso, è il nulla. Giacché nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non v’è ragione assoluta perch’ella non possa non essere, o non essere in quel tal modo ec. E tutte le cose sono possibili, cioè non v’è ragione assoluta perché una cosa qualunque non possa essere, o essere in questo o in quel modo ec. E non v’è divario alcuno assoluto tra tutte le possibilità, né differenza assoluta tra tutte le bontà e perfezioni possibili» (Zib. 1341).

4. «Ci sono tre maniere di veder le cose. L’una e la più beata, di quelli per li quali esse hanno più spirito che corpo, e voglio dire degli uomini di genio e sensibili (…) l’altra e la più comune di quelli per cui le cose hanno corpo senza avere molto spirito, e voglio dire degli uomini volgari (…) La terza e la sola funesta e miserabile, e tuttavia la sola vera, di quelli per cui le cose non hanno né spirito né corpo, ma son tutte vane e senza sostanza, voglio dire dei filosofi e degli uomini per lo più di sentimento che dopo l’esperienza e la lugubre cognizione delle cose, dalla prima maniera passano di salto a quest’ultima senza toccare la seconda, e trovano e sentono da per tutto il nulla e il vuoto e la vanità delle cure umane e dei desideri e delle speranze e di tutte le illusioni inerenti alla vita per modo che senza esse non è vita» (Zib. 102-103).

5. «La morte non è male: perché libera l’uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desideri. La vecchiezza è male sommo: perché priva l’uomo di tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti, e porta seco tutti i dolori. Nondimeno gli uomini temono la morte e desiderano la vecchiezza» (Pensieri 6) (cfr. Qo 7,14-17)