L'indovinello veronese (fine IX sec.) |
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II più noto dei primi documenti del volgare italiano fu scoperto dal paleografo Luigi Schiapparelll nel 1924, in calce a un codice - datato fra la fine del VIII secolo e l'inizio del IX- della Biblioteca Palatina di Verona, onde il nome assegnatogli di Indovinello veronese. Da allora, filologi e linguisti non hanno cessato di formulare questioni e congetture, in particolare sul grado di volgarismo cosciente del breve testo, sul suo eventuale colorito veneto-friulano, sulla sua struttura in esametri o altro metro. |
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separebabouesalbaprataliaaraba&alboversoriotenebae&negrosemenseminaba gratiastibiagimusomnip[oten]ssempiterned[eu]s |
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Se pareba boves, alba pratalia araba Albo versorio teneba, et negro semen seminaba. Gratias tibi agimus onnipotens sempiterne Deus. |
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Si è molto discusso sull'interpretazione del se pareba. Se pareba sta per parebant, allora boves è soggetto del quattro verbi, e la lettura sarà: «I buoi [le dita] apparivano (venivano avanti), aravano un bianco prato [la pergamena], reggevano un bianco aratro [la penna], seminavano nero seme [l'inchiostro]». Se pareba sta per parabat, il soggetto sottinteso è chi scrive, e la lettura sarà: «Si spingeva avanti [se = sibi, dativo etico] i buoi, arava un bianco prato, reggeva un bianco aratro, seminava nero seme». La seconda lettura è la più accreditata, perché lo «spingere innanzi i buoi» è coerente con la metafora rustica dell'«arare» e perché intendere l'amanuense come soggetto sottinteso si addice di più alla natura dell'Indovinello: una delle formule, in chiave scherzosamente enigmistica, che i chierici copisti mettevano in fondo ai codici, compiacendosi della fatica compiuta. |
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Il tema dell’attività scrittoria è presente in altri testi, sia antichi sia moderni, come si può vedere in questi esempi. | ||